Tavella lascia il Pd e punta sulla Sinistra

L’ex segretario Cgil aderisce al nuovo partito. C’è anche Botte

SALERNO. C’è voglia di sinistra nella Cgil. Almeno così sembra. Franco Tavella, l’ex segretario regionale della Camera del lavoro campana e membro della direzione nazionale del Pd sbatte la porta per aderire, insieme al collega Ansilmo Botte – che non ha mai aderito al Pd – al nascete progetto di Sinistra italiana. «Mi sembra un percorso naturale» dice Tavella, già all’opposizione democrat quando scelse la mozione di Gianni Cuperlo al congresso contro l’ex premier. «Ho sperato fino all’ultimo che la linea tracciata da Renzi, potesse convergere verso un partito che annullasse le disuguaglianze. Così non è stato».

Dove ha fallito Renzi?

Possiamo partire dall’impostazione della politica economica: il governo Renzi ha dato, in un tentativo di ridistribuzione alla rovescia, 15 miliardi alle imprese trascurando il mondo del lavoro e del precariato. È quello che ha guardato molto alle banche e ai grandi creditori trascurando i piccoli risparmiatori. Quello del job act, della pessima riforma sulla scuola, dell’innalzamento dell’evasione fiscale e dei provvedimenti disciplinari grazie alla mano libera data alle imprese. E per quello che io posso osservare, Renzi lo abbiamo sempre ritrovato dalla parte opposta rispetto alle organizzazioni sociali, in particolare la Cgil. Un partito che ha snaturato la sua matrice, le sue radici e che non guarda più alle difficoltà di milioni di italiani.

Ma che invece è attento ai “notabilati” del Sud.

Lo dice lui facendo autocritica. E anche per questo non posso stare in un partito di “notabili”.

Renzi si riferiva anche a De Luca. Come sono i vostri rapporti con il governatore?

Non credo si riferiva a De Luca, non l’ha detto esplicitamente e non tocca a me dirlo. Piuttosto credo si riferisse a una impostazione che è nel Mezzogiorno. A me interessa l’affermazione di principio, che è gravissima.

Ora da dove si riparte

Io penso che bisogna ricostruire una sinistra. Che si ritorni a guardare anche ad alcune parole d’ordine che fanno parte del suo patrimonio storico. Oggi c’è un accrescimento delle disuguaglianze che deve essere fermato. È aumentata la precarietà, c’è stato un abbattimento del reddito da lavoro dipendente, milioni di pensionati ridotti alla fame. In Campania abbiamo tantissimi cittadini che rischiano di non curarsi più, perché non hanno più nemmeno i soldi per pagarsi il ticket. Ecco, un partito di sinistra deve guardare a queste cose.

La minoranza democrat ha dunque perso la sua battaglia?

Io penso che nel Pd non ci sono più le condizioni per influenzarlo dall’interno perché c’è una sorta di dittatura della maggioranza. E devo dire che l’ambizione di quel partito che aveva come obiettivo la rottamazione si trova oggi, leggendo i dati del referendum, ad essere un partito al quale i giovani hanno voltato le spalle.

Sinistra italiana è la grande scommessa.

Chi è di sinistra deve scommetterci. Una sinistra che non sia rissosa, moderna e che abbia in se l’equilibrio per parlare al Paese. Personalmente sono stato da sempre in partiti di grande consenso. Capisco che qui siano davanti al tentativo di una costruzione di una forza di sinistra, Si è una scommessa. Ma ci sono momenti in cui bisogna avere coraggio politico.

Se in America Trump vince con il voto della middle class, le chiedo: c’è ancora bisogno di sinistra?

Io penso di sì. La sinistra è necessaria perché è l’unica possibilità per sconfiggere i populismi. Il populismo ha in sé un sentimento di ribellione, di reazione e molto spesso questi sentimenti non appartiengono alla borghesia, a chi sta bene, ma alle fasce deboli. Bisogna intercettare questa ribellione, questi bisogni e trasformarli in battaglie politiche. Nel vuoto, tra una destra e un partito straordinariamente moderato e vicino ai poteri forti, quei sentimenti di ribellione vengo intercettati solamente da populisti.

De Luca a Napoli aveva annunciato 200 mila posti di lavoro nella pubblica amministrazione. Anche questo è populismo?

Prima di De Luca, la stessa Cgil aveva scommesso sul “piano del lavoro”. Ancora prima, negli anni Cinquanta, Di Vittorio propose al Paese il “piano del lavoro”. È una impostazione keynesiana che è condivisibile. Però bisogna farla, ed è la cosa che non ho ben capito, con una condizione di dettaglio. Perché se c’è solo lo slogan e poi non lo dettagliamo e sorreggiamo con una diversa politica economica, rischia di diventare demagogia.

Invece?

Un “piano del lavoro” è possibile non rimanendo in un partito che dispensa bonus e che paga i lavoratori con voucher. Insomma il rovescio di quello che la sinistra ha sempre combattuto.

Il movimento di de Magistris a Napoli si è riuscito a frapporre tra la destra e il Pd. Ci può essere dialogo?

Io penso di sì. Perché chiunque intercetti un voto popolare ampio lo si deve guardare con attenzione. De Magistris riesce farlo anche però nel disfacimento del Pd napoletano e in assenza, ancora una volta, di una sinistra forte.

A Salerno, sul tema Fonderie Pisano, Cgil e sinistra sono state su due diverse barricate. Come la risolvete?

Io credo che si possa trovare una condizione di equilibrio. Delocalizzando con un impianto che rispetti l’ambiente e salvaguardando i posti di lavoro. Io penso che insieme possiamo salvare il diritto al lavoro e quello sacrosanto della salute.

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