la riscoperta

Stratigrafia di un poeta testimonianze del ’78 sulla figura di Gatto

di M. GIUSTINA LAURENZI A due anni dalla sua morte, nel 1978, un convegno nazionale di studi su Alfonso Gatto, tra Salerno, Maiori e Amalfi, scrupolosamente riportato in “Stratigrafia di un poeta”,...

di M. GIUSTINA LAURENZI

A due anni dalla sua morte, nel 1978, un convegno nazionale di studi su Alfonso Gatto, tra Salerno, Maiori e Amalfi, scrupolosamente riportato in “Stratigrafia di un poeta”, ce lo restituisce, non solo nella sua complessa figura di intellettuale e di artista, ma, e direi che è quello che colpisce di più, nel ricordo tenero, affettuoso e affascinato di quanti lo conobbero e dei molti salernitani che lo ritennero un amico. E sono tanti quelli che lo descrivono come un uomo severo, ma al tempo stesso dolce, malinconico e spiritoso, che lo ricordano nei suoi ritorni a Salerno, questa città tanto amata, ma anche tanto detestata, che lo rivedono sedersi solitario, il mento poggiato su una mano e quegli occhi stellati perduti in pensieri lontani.

E Gatto era un uomo del Sud, molte le sue poesie , i suoi scritti sugli anni dell'infanzia, della giovinezza in questa terra. E, in qualche modo, leggendo tutte queste testimonianze , mi è venuto in mente un altro grande poeta del nostro novecento, Pier Paolo Pasolini, c'è qualcosa che li accomuna, forse la capacità, in entrambe, di guardare oltre le cose tangibili, ad un presente che si fa subito futuro, con occhi quasi profetici.

Nel suo intervento Rosario Michelini, ad esempio, dice: “Gatto ha analizzato con profondo acume il problema del Sud, del suo fallimento politico, della sua irrisolta vicenda psicologica (il Sud è malinconico come un vecchio confetto) e ne ha tratto osservazioni di grande interesse. Il Sud ha avvertito sempre - ha scritto ne Il nome del padre, in un brano di intensa partecipazione civile e di sereno coraggio - di mancare al suo spirito di rivolta... la borghesia intellettuale del Sud, di Napoli in particolare,riversò la sua cultura giutidica e rivoluzionaria nel legalitarismo costituzionale del nuovo regno nato dall'Unità”, mentre il popolo , ha finito con l'accostarsi a “quelle forze associative e gerarchiche, quali camorra e mafia, che si misero contro la legge in nome della legge stessa , cioè al servizio del più forte”. Anche i giovani mancano di un autentico spirito rivoluzionario, “perchè mancano di vera pace e vera guerra. Sono stati educati a "parere". Come possono essere?"

E Armando Pavone aggiunge: “E' chiaro che la condizione di meridionale errabondo ed irrequieto, perennemente legato da una struggente nostalgia alla sua terra, alla sua Salerno, al tempo dell'infanzia, della fanciullezza, alla vicenda familiare, alla sua gente, destò nel poeta l'esigenza di farsi strada nell'opaco grigiore della storia umana,di bussare coraggiosamente alla porta del mistero, di interrogare, senza mai arrendersi, la realtà con tutta la "forza degli occhi", per ritrovare nel suo Sud , nel "Ade profondo del suo Sud"- che in lui è "condizione globale ed onnipresente"- il senso della sua avventura umana e poetica, le ragioni stesse della vita e del destino umano, attraverso quello scavo interiore che gli permise di portare alla luce fin dai primi tempi, in una dimensione mitica ed emblematica, il mondo delle emozioni, degli impulsi, dei brividi, delle sensazioni, quel mondo sempre vivo e circolante dentro il suo sangue, mai spento, ma sempre riemergente dal profondo del suo essere, il mondo degli anni autobiograficamente più remoti e per questo più lirici”.

Tra questi, sicuramente vi furono gli anni tra la fine degli anni quaranta e gli inizi degli anni cinquanta, nei quali a Salerno, la libreria Macchiaroli diventò un luogo d'incontro importante per i giovani intellettuali dell'epoca. ed è Pietro La Veglia a ricordare quel periodo e la presenza di Alfonso Gatto.

"La libreria Macchiaroli in piazza Malta , di cui allora ero il direttore, tra il 1950 ed il '51, era il luogo di ritrovo e di dibattito in cui si incontravano e si scontravano le opinioni e le ansie che accompagnavano la ricostruzione e la rinascita del dopoguerra dalle rovine del fascismo non soprattutto materiali. Ed era qui che Alfonso Gatto si incontrava con gli intellettuali salernitani provenienti da esperienze culturali diverse , ma con una comune concezione democratica della vita,e dell'attività politica e culturale e di quanto era rimasto vivo della tradizione culturale italiana affinchè riprendesse, per portarli avanti e svilupparli, il cammino e il discorso che il fascismo aveva interrotto e soffocato per vent'anni."

Ma Salerno, anche negli anni a seguire fu fervida di iniziative culturali, nacque un altro spazio dove era facile trovare il poeta, L'incontro, e dove era seguito da un gruppo di giovani che lo ritennero un vero e proprio mentore.

Ma tra le tante testimonianze che spaziano e indagano nel suo vastissimo repertorio artistico, mi piace riportare quella dell'amico Antonio Castaldi. “Gli volevamo bene perchè non era un furbo ed egli ci voleva bene perchè forse ritrovava in noi un po' della sua sbadataggine (...)Egli diceva ciò che sentiva e pensava e siccome egli amava la vita con devota attenzione , le cose che sentiva e diceva erano sempre cose buone e giuste(...) Compito degli uomini, diceva, è trovare parole e gesti che , sia pure attraverso una perenne approssimazione , traducano una realtà spirituale , siano anzi questa realtà. L'uomo, diceva ancora, si degrada quando viene meno al suo compito di esprimersi." Stratigrafia di un poeta, Alfonso Gatto, è consultabile alla Biblioteca Provinciale di Salerno.

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