«Speriamo di stupire ancora tutti»

Giò Di Tonno sarà protagonista di Notre Dame in scena domani a Eboli

EBOLI. “Quasimodo è abituato a vivere in cattività, è vergine di sentimenti: questa difficoltà l’ho vissuta da artista, è difficile comunicare ciò che senti attraverso la musica”: Giò Di Tonno è di nuovo il gobbo di Notre Dame, pronto ad a risalire sul palco del Palasele di Eboli (domani e domenica), per il ritorno dell’opera moderna più famosa al mondo, firmata da Riccardo Cocciante e ispirata al celebre romanzo di Hugo.

Dopo Notre Dame ha vinto Sanremo e “Tale e Quale Show”, prima di tornare al musical, si chiude un cerchio?

«Avevo voglia di fare esperienze diverse, mi sono sempre divertito a spaziare tra i generi. Desideravamo tutti da tempo tornare a Notre Dame ma solo adesso ci sono stati i presupposti per rimettere insieme il cast storico, quello originale. È un cerchio che si chiude perché non credo che ci sarà un seguito, alla fine di questo lungo tour. Considerata la risposta del pubblico, ce lo godiamo tutto questo calore».

Avete registrato numeri da record sin dall’inizio, quando il musical era in netto declino. Come se lo spiega?

«Ce lo chiediamo spesso in verità, nei camerini, al termine di ogni replica. Notre dame funziona, credo, sotto tutti i punti di vista: musiche, testi, storia. La forte risposta deriva dalla sua matrice popolare, accontenta l’orecchio italiano. Questo è un fenomeno di costume. Oggi, il consenso è trasversale da parte di persone che tornano dopo 14 anni a vederci, insieme a chi si avvicina per la prima volta».

Ricorda la sua prima audizione per questo musical?

«Fu una cosa occasionale, non avrei mai pensato di fare un musical nella mia vita. Siccome Cocciante cercava voci pop per un’opera moderna, fui contattato dalla talent scout di allora che individuò in me e altri ragazzi delle caratteristiche che potevano coincidere con le cose che voleva Riccardo. Lui si emozionò ma non fu un solo provino, ci volle un anno di audizioni, lavoro e studio perché Riccardo è molto esigente ma la scelta finale si è dimostrata azzeccata».

Come è stato trovarsi dall’altra parte, per scritturare nuovi talenti?

«Quando mi trovo dall’altra parte cerco ragazzi preparati e strutturati per questo mestiere che richiede una formazione a 360 gradi. Quando fai musica pop, potrebbe bastare il talento, puoi agire d’istinto ma in teatro è diverso: bisogna saper stare sul palcoscenico, affrontare dei testi, riuscire a fare arrivare una semplicità che non è tale. Ai ragazzi, in questi anni, manca voglia di sacrificarsi, sono pochi quelli che ci mettono anima e corpo».

È vero che sta scrivendo anche lei un’opera pop?

«Sì, si ispira a un popolare romanzo della letteratura anche questa».

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