Cinema

Sibilia riporta sul grande schermo la banda dei laureati

Domani in tutte le sale il sequel di “Smetto quando voglio”. Il regista: «Torno spesso a Salerno, resto sempre uno di voi»

SALERNO. Era il 2014 quando Sydney Sibilia, dopo aver letto su un quotidiano nazionale la storia di alcuni netturbini laureati in filosofia, decise di girare un film su un gruppo di ricercatori prestati al commercio di droga pur di mettere il pane in tavola. “Smetto quando voglio” doveva essere una piccola produzione e invece ha superato i quattro milioni e mezzo di incassi. Il regista salernitano. che oggi ha 35 anni, ha ben pensato di riprovare a fare centro con il secondo capitolo della saga che esce domani in tutte le sale: “Smetto quando voglio - Masterclass”.

Anche in questo film, come nel primo, non è difficile trovare riferimenti alla cinematografia che lo ha ispirato: «Cerco sempre di inserire le cose che mia piacciono: dai polizieschi degli anni ’70 ai Ghostbuster, alla saga di “Ritorno al futuro”. Io ho sempre due ordini di riferimento: uno sedimentato, rappresentato dai film che vedevo, soprattutto americani, e ci sono poi influenze più recenti». Ed è stato girato già un terzo episodio della serie: “Smetto quando voglio - Ad Honorem”.

«Sono tre film molto diversi – spiega Sibilia – tre esperienze uniche di un solo arco narrativo. Ho iniziato con una produzione media mentre questo è un blockbuster, esce con una potenza diversa. Anche il budget è diverso e mi ha permesso cose più spettacolari: c'’è un assalto al treno, un inseguimento nella Roma antica. Abbiamo girato ininterrottamente da marzo a ottobre in mezzo Mondo, dalla Tahilandia a Brindisi. Nonostante tutto, son sempre contento di tornare a Salerno, lo spesso lo faccio spesso quando il lavoro me lo permette: vengo ciclicamente, sono ancora uno di voi. Mi disorienta – scherza – capire solo quando è Natale. A Roma mi manca l’orizzonte, perché non c’è il mare: non posso vedere oltre, c’è sempre un palazzo davanti a me».

Il sequel ha avuto il sostegno de l’università La Sapienza di Roma che riceverà dalla produzione 23mila euro per la ricerca; soldi che serviranno per finanziare una borsa di studio per la facoltà di Scienze delle comunicazioni. «Mi è sembrato giusto fare un gesto concreto per i ricercatori, non è che ci scherziamo solo su».

Prodotto dalla casa Groenlandia con Fandango e Rai Cinema, il film vede sul grande schermo la solita banda, con ancora una volta Edoardo Leo nei panni del biologo Pietro Zinni e Pietro Sermonti in quello dell’antropologo, ma stavolta dalla parte della polizia che li recluta per sgominare il traffico di stupefacenti in cambio di una fedina penale di nuovo limpida. Tutto parte da dove era finito. Ovvero dal neurobiologo Zinni ormai in carcere dopo che, insieme ai suoi colleghi, aveva creato una droga legale.

 

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