Scopre i documenti segreti dell’agente Arturo Latronico

Grazie ad una zia Alfonso Bove è entrato in possesso di un incredibile carteggio «Ho scritto a Francis Ford Coppola, potrebbe ricavarci un film d’avventura»

NOCERA SUPERIORE. Essere in possesso di documenti tenuti segreti sulla storia a cavallo delle due guerre mondiali, e non saperlo. È capitato al signor Alfonso Bove, proprietario del bar Bocadillo di Nocera Superiore. I documenti appartenevano alla vita di Arturo Latronico: ufficiale dei carabinieri, servizi segreti, guerra coloniale, la sopravvivenza alla Grande Guerra, la persecuzione dei tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, la partecipazione alla cattura del bandito Giuliano. Una vita, un’odissea. Anzi, un film d’azione. Così deve aver pensato il signor Bove quando, una volta letti i documenti donatigli da sua zia Rosaria San Chirico originaria di San Mauro Forte in provincia di Matera, ha deciso di scrivere una lettera al grande regista italo-americano Francis Ford Coppola, anche’egli di origini lucane, per girare un film sulla vita del suo lontano compatriota. La risposta del cineasta però non è mai arrivata. Così Bove ha scritto una seconda lettera, questa volta al Times di New York, affinché interceda e metta in risalto la vicenda. Tutto è nato dalla vecchia zia del barista nocerino, Rosaria San Chirico, che da giovane svolgeva la funzione di custode in casa Latronico, nel piccolo e antico paese di San Mauro Forte in Basilicata. Qui conosce il giovane Arturo Latronico. Rosaria rimarrà in casa sua quasi per tutta la vita: solo dopo la morte dell’ultimo componente della famiglia Latronico, lascia la sua amata Basilicata per far visita ai parenti nocerini. Tra vestiti e valigie, l’ormai anziana donna non si rende conto di aver portato con sé un tesoro storico: documenti della storia d’Italia, tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900. Protagonisti assoluti, come in un romanzo di Gabriel Garcia Marquez, la famiglia Latronico e naturalmente il suo eroe, Arturo. La documentazione consta di giornali, foto, documenti militari, mappe, attestati al valore militare. Collegandoli, si congiungono anche le linee della vita di Arturo Latronico, eroe italiano dimenticato anche dalla sua gente in Basilicata. Nato da padre maestro e madre casalinga, Arturo studia a Macerata per poi continuare la scuola sotto il servizio militare dell’epoca, diventando quasi subito ufficiale dell’Arma. Durante la Grande Guerra, decine sono le medaglie al valore, firmate dal Re Vittorio Emanuele III. Gli tocca andare a fare la guerra coloniale in Nord Africa dove, colpito da un grave virus, riesce a sopravvivere per miracolo. Lo ritroviamo nel pieno della Seconda Guerra, a Verona, nel Cln (Comitato di Liberazione Nazionale), dove partecipa ad azioni di sabotaggio contro tedeschi e fascisti, fornisce armi, ai reparti partigiani. Per queste azioni, da capitano diventa maggiore dell’Arma. Perseguitato sia dalle SS. che dai fascisti della G.n.r. (guardia nazionale repubblicana), è costretto a darsi alla macchia. Da questo momento in poi, entra a far parte del servizio segreto delle frange partigiane e cambia identità. Inizia a camuffarsi e a cambiarsi le generalità, come attestano le molteplici foto che lo raffigurano ora senza capelli, ora con gli occhiali e una capigliatura bianca, ora con baffoni e barba. Schedato dai fascisti, così viene descritto: “antifascista noto, assiduo ascoltatore di radio Londra, propalatore di notizie”. Viene messo sotto inchiesta nel luglio del 1943 dall’Ovra, la polizia segreta fascista, mentre viene assunto come membro del comitato di investigazione per i crimini fascisti nella provincia di Verona. Da questo momento, Arturo assume il nome di Luigi Antonini ed entra a far parte del V Distaccamento della Brigata Garibaldina a Milano. Lì probabilmente, a guerra finita, vede il corpo di Benito Mussolini massacrato dalla folla in piazzale Loreto. L’avventura di Arturo non finisce con la guerra. Nonostante le medaglie e gli atti eroici, tornato alla vita normale, viene assunto dalla Sepral nel servizio di vigilanza. Ma quella vita non fa per lui, abituato all’azione. Viene trasferito a Catanzaro e quindi in Sicilia. Qui partecipa alla sua ultima grande avventura: la cattura del famigerato Salvatore Giuliano. Latronico muore nel 1969. A distanza di 45 anni, il nocerino Alfonso Bove chiede di riesumare la storia di Arturo Latronico e di farne un film. «Ho deciso di dare un senso a ciò che ha fatto quest’uomo. Ecco perché ho scritto a Francis Ford Coppola. Chi meglio di lui può interessarsi alla questione? Ora spero in una risposta – continua Bove – La storia di Arturo Latronico non può andate perduta. È come se avesse lasciato questo mondo nel silenzio, rispetto a tutto il frastuono che ha combinato in vita».

Davide Speranza