CARTA GIALLA

Ruggero Moscati ridiede voce a Giambattista Vico

Nel 1968, a 300 anni dalla morte del filosofo, lo storico organizzò convegni tra Salerno e Vatolla

La rivista trimestrale di studi storici “Clio” nacque nel 1965 per iniziativa di Ruggero Moscati (1908-1981), che la diresse fino al 1980. Nell’anno 1968 il 3° e 4° numero della rivista, in occasione del tricentenario della nascita di Giovanbattista Vico (Napoli, 23 giugno 1668 - Napoli, 23 gennaio 1744), furono dedicati alla pubblicazione degli Atti del convegno vichiano, fortemente voluto da Moscati con la collaborazione dell’Istituto di Storia Moderna dell’Università di Roma e dell’Istituto di Filosofia dell’Università di Salerno; gli incontri si tennero tra Salerno, Rocca Cilento e Vatolla (vedi “Clio” n. 3-4 1968 - Atti del convegno vichiano, Salerno, Rocca Cilento, Vatolla, 6-8 settembre 1968). Le tre sedi prescelte furono indicate da Ruggero Moscati in ragione della loro disponibilità: il Salone dei marmi del Municipio salernitano, il castello di Rocca, da lui in quegli anni acquistato, e il Palazzo De Vargas a Vatolla, la piccola frazione di Perdifumo nota agli annali per via dei nove anni che vi trascorse il giovane Vico nella veste di precettore dei figli del feudatario locale, il marchese Domenico Rocca. Durante il suo soggiorno cilentano - tra 1686 e 1695- il filosofo in nuce ebbe agevole accesso per i suoi studi alla fornitissima biblioteca del vicino convento francescano di S. Maria della Pietà, come lui stesso scrive nell’ “Autobiografia”.

È noto che a seguito di un fortunato e casuale incontro in una biblioteca napoletana (sono assai spesso i libri a tracciare il corso degli eventi!) con monsignor Gerolamo Rocca, vescovo d’Ischia e fratello del marchese Rocca di Vatolla, questi, apprezzando l’acume e la passione per gli studi del suo interlocutore, e forse cogliendo anche la condizione di bisogno economico al limite dell’indigenza, propose al giovane Vico di trasferirsi in Principato Citra e voler insegnare la giurisprudenza ai suoi nipoti «in un castello del Cilento (Vatolla) di bellissimo sito e di perfettissimo clima, il quale era in signoria di suo fratello, il signor Domenico Rocca perché lo avrebbe in tutto pari ai suoi figliuoli trattato ed ivi dalla buona aria del paese sarebbe restituito in salute ed avrebbe tutto l’agio di studiare. Così gli avvenne perché, quivi avendo dimorato per nove anni, fece il maggior corso degli studi suoi» (dall’“Autobiografia”). Per il figlio di un più che modesto libraio napoletano fu quella dunque una buona occasione, per studiare in tranquillità e guadagnare un qualche salario. Ma ora torniamo alla cronaca del convegno del 1968, ché la biografia e l’opera di Vico sono state da molti arate in lungo e in largo, a partire da uno dei suoi maggiori conoscitori, Benedetto Croce, che lo indicò, con Kant e Hegel, quale vero iniziatore della filosofia moderna. La prima giornata dell’incontro tra studiosi nel segno di Vico si svolse a Salerno, la mattina del 6 settembre a Palazzo di Città. Presero la parola per introdurre il tema del convegno Ruggero Moscati e Gabriele De Rosa, all’epoca direttore dell’Istituto di Magistero; a seguire lessero i loro contributi Fulvio Tessitore con “Vico tra due storicismi“ e Pietro Piovani con “Vico e la storicizzazione della ragione”. Sulle relazioni di Tessitore e Piovani intervennero poi Nicola Nicolini e Cleto Carbonara.

Nel pomeriggio i lavori presieduti da Raffaele Cantarella proseguirono nell’Aula Magna del Magistero a Piazza Malta, con le relazioni di Massimiliano Pavan “Vico e il mondo classico” e di Paolo Brezzi “La concezione vichiana del Medioevo”; seguì l’intervento di Giuseppe Giarrizzo dell’Università di Catania chiudendo la prima giornata. Il giorno successivo i convegnisti mossero verso il Cilento: dopo una visita e il pranzo all’ombra dei templi di Paestum, ospiti dell’Ente provinciale per il turismo, raggiunto il castello di Rocca Cilento, ospiti del padrone di casa Ruggero Moscati, vennero lette le relazioni di Raffaello Franchini “Vico e la filosofia oggi” e di Angela Jacobelli Isoldi “La Scienza nuova e le scienze”, e la prima tappa cilentana del convegno si chiuse con un dibattito tra gli intervenuti sui temi trattati. Alla mattina della terza giornata del memorabile convegno ad accogliere studiosi e accompagnatori nel Castello di Vatolla, ci fu la mostra documentaria sul lungo soggiorno vichiano tra quelle stesse mura, mostra precedentemente allestita a cura del barone Gianvincenzo Coppola, Tiziana Alterio, Valeria Biondo, Rosetta Cucco, Elio D’Auria. Dagli organizzatori fu chiamato a presiedere i lavori conclusivi Alain Pons, docente di filosofia politica presso l’Università di Paris X-Nanterre e autore di numerosi studi sul pensiero di Vico, tra i quali la traduzione in francese della “Vita di Giambattista Vico scritta da se medesimo” e della “Scienza nuova” nell’edizione postuma del 1744. A Vatolla intervennero con le loro relazioni Nicola Badaloni “Il problema del factum nel mondo vichiano” e Franco Lombardi su “ Vico uomo”. La rivista “Clio” di Ruggero Moscati nel numero doppio prima citato aggiunse tra gli Atti del convegno il contributo di Pompeo Giannantonio “ Il mito vichiano e la mitologia Greca”. Com’è dato di vedere dal novero degli interventi fu un momento importante nel quadro degli studi, a cui furono chiamati a contribuire specialisti storici e filosofi, italiani e stranieri. Nel corso del 1968, tricentenario della nascita di Vico, le numerose iniziative celebrative, non solo italiane, furono occasione per una rimeditazione e revisione sull’opera del filosofo.

Una rassegna puntuale - che oggi è anche un utile repertorio - sulle tante iniziative editoriali, convegni e incontri svoltisi in Italia e nel mondo nel corso del tricentenario, è costituita dall’eccellente lavoro di Giuseppe Cacciatore, che ha poi diretto dal 1994 al 2002 il “Centro di Studi Vichiani”: il titolo del saggio è “Il tricentenario vichiano del 1968”, stampato a Napoli nel 1970 (vol. XIX della Nuova Serie degli “Atti dell'Accademia Pontaniana”, pp. 347-363). Se ci interroghiamo sui motivi che hanno spinto tanto interesse verso Vico - sia quello serio e profondo degli studiosi che quello superficiale e convenzionale e i tanti abusati luoghi comuni, sul tipo dei “corsi e ricorsi storici” - ci pare che una risposta possa trovarsi tra le righe di un saggio, apparso sul n.1 del Bollettino del “Centro di Studi Vichiani” (1971, pag. 7), in cui il direttore Pietro Piovani scrive: «Quali i motivi di consensi tanto vasti, o profondi o superficiali? Secondo il nostro sommesso parere, i motivi vanno al di là dell’occasionalità e possono durevolmente operare sotto la superficie. La filosofia contemporanea vuole essere sempre meno filosofia del concetto, sempre più filosofia del concreto; e Vico le addita questa direzione. La filosofia contemporanea ama vedere legate idee e cose dentro una realtà sostanziosa che diffidi di ipostasi e di enti; e Vico si diletta a cercare i nessi, in questo senso usando perfino l’amato Platone come guida indiretta per novissime “discoverte” nell’aperto campo della “storia delle umane idee”».