Rude il Cilento del lontano ’800

Terza edizione del diario scritto da De Giorgi

Cosa spinse un italiano a visitare il Cilento selvaggio e “pericoloso” di fine Ottocento, redigendo un accurato diario? La risposta, pagina dopo pagina, la si scopre nel libro pieno di meraviglia e curiosità del pugliese Cosimo De Giorgi. che nel 1881 attraversò a piedi le terre a sud di Salerno. Esce ora la terza edizione del volume “Viaggio nel Cilento - Gli uomini, le donne, la terra, i paesi, i monti e i fiumi” (Galzerano Editore, Casalvelino Scalo, pagg. 288 – euro 15.00) che De Giorgi pubblicò un anno dopo per la casa editrice fiorentina Cellini e mai più editato.
Giornalista, medico e geologo, De Giorgi in realtà come titolo ne scelse un altro: “da Salerno al Cilento”, sottolineando così la completezza del suo itinerario, tutto rigorosamente a piedi: «Abbozzerò qui per sommi capi l’itinerario del mio Viaggio – scrive nel suo reportage – Partendo da Salerno muoverò verso il Monte Alburno. Di là scenderò nella valle del Calore, uno dei maggiori affluenti del Sele, e arriverò fino al Monte Cervati. E di là, varcate le montagne che restano fra Laurino e Vallo della Lucania, descriverò le vallate dell’Alento, della Centola, del Mingardo, del Bussento, e i nodi orografici del Monte Sacro, del Centaurino, della Bulgheria, e del Monte della Stella, e le città e i paesi da me traversati. E quindi per la via che da Rutino conduce a Battipaglia, dopo aver osservato i ruderi gloriosi di Pesto, mi ricondurrò a Salerno».
Se il Cilento appare ancora oggi selvaggio, possiamo immaginare cosa fosse sul finire del XIX secolo, quando la vegetazione era più folta, la malaria imperversava e non c’erano strade di collegamento, se non sentieri e vie sterrate. Ciononostante, l’illustre camminatore ci tiene ad allontanare dalla mente del lettore, pregiudizi dettati da ignoranza: «Non par vero, ma pure è così. L’Italia è il paese meno conosciuto dagli italiani, soprattutto la parte meridionale del Regno. Pochi sono stati fin qui i visitatori e gli esploratori delle montagne e delle valli della Basilicata, delle Calabrie e del Cilento; e pochissimi coloro che han pensato a colmare questa lacuna nella descrizione del Bel Paese. Se leggete tutte le guide d’Italia, e tutte le geografie – anche le più recenti –le troverete ingemmate di errori e di pregiudizi su queste contrade».
Nonostante l’approccio scientifico e il suo essere “forestiero”, l’autore si commuove fino alle lacrime per la bellezza delle terre cilentane e scriverà: «Come si può pronunciare il nome di Cilento senza sentirsi battere il cuore?». Lo studioso unisce l’utile al dilettevole e, su incarico dal Reale Corpo delle Miniere di Roma, compie un’esplorazione geologica, realizzando la prima carta geologica del comprensorio cilentano.
L’editore e giornalista Giuseppe Galzerano, che ha curato anche l’introduzione al libro, ne sottolinea il valore documentario: «Siamo già alla terza edizione. In Italia nessuno ha più pubblicato il volume. All’epoca, il viaggio ebbe una vasta risonanza sulla stampa: un primo reportage, sotto forma di lettere, fu pubblicato – mentre il viaggio era ancora in corso – sul settimanale Il Propugnatore di Lecce, mentre nel mese di settembre 1881 una corrispondenza apparve su La Rassegna Settimanale di Roma. Nel 1882 cominciò ad essere pubblicato a puntate sulla prestigiosa Rassegna Nazionale di Firenze e nello stesso anno venne pubblicato in volume da Cellini, mentre era ancora in corso la pubblicazione su La Rassegna Nazionale che si concluse nel 1884». Dal viaggio nel Cilento, De Giorgi ricavò anche altri due saggi, uno sui monumenti sacri e l’altro sulla geologia e sull’idrografia del Cilento. Lo studioso pugliese non mancò di denunciare la miseria, lo sfruttamento padronale, l’arretratezza sociale ed economica in cui versavano le popolazioni incontrate.
Paolo Romano
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