L'INTERVISTA

Roberto Quesada: «I flussi migratori non si fermano mai»

Lo scrittore honduregno ha presentato alla Fondazione Menna “Big banana”

Kurt Vonnegut lo definì uno scrittore dal talento straordinario, finalmente dopo vent’anni dalla pubblicazione spagnola del suo romanzo “Big banana”, l’Italia ha potuto conoscere Roberto Quesada che con il tour promozionale del suo libro, è stato ospite ieri pomeriggio della Fondazione Filiberto Menna a Salerno.

Nato in Honduras nel 1963, Quesada vive a New York dal 1989 e fino a due anni fa è stato segretario dell’ambasciata honduregna alle Nazioni Unite. “Big banana” rappresenta un classico della letteratura centroamericana, ambientato in una New York di fine millennio, è la storia di un sogno di integrazione, di una rivalsa, di un tentativo di affermazione da parte di un giovane emigrato honduregno, che lascia la sua terra per immergersi in una vita anelata, in un mondo diverso dal suo, in una realtà piena di contrasti ma affascinante e sfavillante che il protagonista vuole conquistare a tutti i costi. Roberto Quesada alla fondazione Menna ha colpito per la sua affabilità e ha trasportato il pubblico presente in un continente lontano solo geograficamente, ma molto più vicino di quanto si possa pensare.

Quesada “Big banana” giunge in Italia dopo 20 anni, ma è come se il tempo si fosse fermato, i temi trattati nel suo romanzo, sono estremamente attuali.

Quando ho scritto questo racconto, non immaginavo che potesse riscuotere tanto successo, né potevo prevedere che i temi da me trattati restassero inalterati a livello di attualità. Purtroppo i flussi migratori, sono un fenomeno che difficilmente verrà marginato.

Il giovane protagonista, tenta di affermarsi nel mondo dello spettacolo, e diventa il simbolo delle comunità espaniche e del loro processo di integrazione nella società americana. È lei quel protagonista?

In realtà quel ragazzo non sono io, conosco la realtà del mio paese, l’esodo verso un mondo migliore, le aspettative dei giovani honduregni, ma io sono andato via con presupposti differenti e spinto da altri stimoli. Sono sempre stato uno scrittore e ho lasciato mio paese per motivi legati al mio lavoro. Quando ho scritto il libro non pensavo al tema dell’emigrazione, è il lettore che in seguito ha focalizzato la sua attenzione su di essa.

Molte volte però, New York ci appare come una città frivola, contenitore di molte nevrosi, cosa significa per un giovane d’oggi abitare nella grande mela?

Un giovane newyorchese ha molte opportunità, soprattutto in questo periodo. L’attuale sindaco, Deblasi, di origini italiane, ha apportato molti miglioramenti a livello culturale focalizzando l’attenzione sulle nuove generazioni.

Il suo paese, l’Honduras, al di là delle bellezze naturali note a tutti, è una terra complicata, difficile, con tassi altissimi di delinquenza, come è attualmente la situazione?

Dopo il golpe del 2009,la situazione è precipitata, le carovane migratorie sono irrefrenabili. Culturalmente il paese vive una stasi, l’unica via d’uscita è la fuga.

Ha degli autori italiani che predilige?

Amo i classici, ma soprattutto Dante Alighieri. Leggendo la Divina Commedia mi sono avvicinato alla scrittura. Ho letto anche Boccaccio, Machiavelli e Moravia.

Maria Romana Del Mese