Quel Catullo vestito di nuovo

Il poeta salernitano Fresa fa rivivere con raffinate rime l’arte dello scrittore latino

di PAOLO ROMANO

In America l’esercizio di stile è una realtà. Ogni anno migliaia di scrittori si cimentano, per esempio, nella stesura di testi redatti “alla maniera” di Hemingway. In quest’ottica, il poeta salernitano Mario Fresa ha appena licenziato un libro di versi secondo l’ars poetica di un grande scrittore latino dell’età Augustea, Gaio Valerio Catullo. “Catullo vestito di nuovo. Quattordici imitazioni”, questo il titolo del volumetto pubblicato dalla Galleria d’arte Lucis, in 120 copie numerate con due disegni di Prisco De Vivo.

Catullo, celebre per i suoi versi d’amore, ma anche per il disprezzo che seppe riversare sui suoi denigratori, rivive ora in nuovi raffinati versi. Così, nella raccolta di Fresa i baci tributati dal poeta latino alla sua amata Lesbia, vanno nella direzione di un conteggio di grande forza estetica, attraverso il paragone con gli infiniti granelli di un arenile: «Lesbia, mi chiedi quanti baci desidero da te./Vuoi sapere qual è il numero preciso che possa/farmi dire, soddisfatto: basta così, va bene!/Devono essere, i tuoi baci, tanti quanti sono/i granelli dell’infinita rena della Libia,/quella che sta laggiù, a Cirene, dove spunta/e si coltiva il salutare silfio, tra l’oracolo/estuoso di Giove padreterno/e il santissimo sepolcro del caro vecchio Batto:/i tuoi baci devono essere, allora, dei superbaci/pari alle stelle/innumerevoli che stanno lì/a spiare, quando la notte è nel silenziointenta, i segreti appuntamenti/degli amanti: questo è il numero dei baci/che il tuo matto Catullo potrebbe, infine,/spingere a dire: basta così, va bene!(ma che non sappiano mai nulla, i curiosoni, dei nostri superbaci: ché se provano a contarli, gli invidiosi, ci farebbero, sicuro, qualche potente stregoneria).

Fresa opera una vera e propria simbiosi, prova ad immedesimarsi con lo spirito di Catullo, si sforza di condividerne il sentire e la sua operazione è rafforzata dalle tante traduzioni letterarie operate dal greco e dal latino. Il poeta salernitano dà voce ad un Catullo maturo, che rimpiange i bei tempi passati: “Disgraziato Catullo, finisci la tua mania per sempre./Basta così con le illusioni. Ciò che muore è distrutto per sempre: ed è finito finito finito./Li hai consumati i giorni di felicità, quando correvi là, dove diceva l’amore tuo:/colei che fu adorata come nessuna mai!/E molti giochi deliziosi c’erano, allora:/sempre li ricercavi, né mai te li negava, lei./E quanti istanti azzurri che hai vissuto:/ma adesso, vedi, non vuole più saperne./Smetti anche tu, povero sciocco./Non inseguirla più. Non sopravvivere:/ma torna, adesso, a vivere/di nuovo. Tu non cedere più./Ma resisti, resisti, resisti”. La guerra d’amore di Catullo è fatta di attacchi e difese: “Addio, cara ragazza. Non cederà, Catullo,/mai più ti cercherà; non ti vorrà per forza;/e a te dispiacerà di non essere da lui desiderata./O sciagurata, sciagurata:/come sarà la tua esistenza?/E chi verrà da te? Per chi sarai bellissima?/E chi amerai? Di chi dirai che sei?/Chi riempirai di superbaci? E a chi mordicchierai le labbra?”. In un’altra delle sue “imitazioni”, Fresa offre l’immagine forte di una chiamata a raccolta per tutti i versi dispersi, quasi prendessero forma umana per un convivio: “Versi miei, venite qui! Su, tutti a me:/uno per uno, e ovunque siate: ora, di grazia, tutti con me./Una bagascia mi corbella, non vuol restituire/i miei quaderni di poesia – se voi lo permettete./Diamole addosso, rivendichiamo il nostro”.

Fresa ha pubblicato di recente anche un altro libro “Come da un’altra riva” (Marco Saya Edizioni), ove - accanto alla sua interpretazione critica del Don Juan aux Enfers di Baudelaire - ha allegato un suo disegno a penna e china.

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