L'INTERVISTA

Pino Insegno: «Racconto ai giovani il cinema e la musica»

L’attore domani a Battipaglia con “58 sfumature di Pino”: voglio far vivere ai millennial il periodo d’oro del varietà italiano

SALERNO - Chi non ricorda gli esilaranti sketch della premiata ditta. Il quartetto di comici, che a partire dagli anni Ottanta, conquistò a suon di battute e con intelligente e arguta ironia, le famiglie italiane. Tra i fantastici quattro, un giovane Pino Insegno, un autentico e versatile mattatore, dalla simpatia travolgente. Attore di cinema e teatro, conduttore tv, di programmi cult come “Lo Zecchino d’Oro”, “Domenica In”, “Il mercante in fiera”, “Reazione a catena” ma soprattutto doppiatore, tra i migliori del settore. È sua infatti la voce di Viggo Mortensen, nel signore degli anelli, dello spietato stilista in Zoolander, interpretato da Will Farrell, o della tigre dell’Era Glaciale. Dotato di una grande verve, Pino Insegno si forma a teatro, accanto ai più grandi maestri, e nel tempo, approda anche al cinema, mostrando al suo pubblico grande abilità sia di attore che di doppiatore. Insegno sarà al teatro “Carlo Giuffrè” di Battipaglia, domani alle ore 18:30, con lo spettacolo che ha scritto, insieme a Federico Perrotta e Diego Prato “58 sfumature di Pino” con la regia di Claudio Insegno.

Pino Insegno, il suo è spettacolo è un viaggio attraverso i mass media dei anni Sessanta, Settanta e Ottanta con riferimenti e confronti alla nostra epoca...
In occasione dei miei primi quarant’anni di carriera, ho scritto questa pièce teatrale che si avventura dietro le quinte per esplorare il mondo del cinema, del teatro, della danza, passando per il sogno. Non vuole essere un’autocelebrazione ma è una passeggiata divertente e leggera, fatta da me, che sono un artigiano di questo mestiere, e da Federico Perrotta, che mi affianca sul palco. È uno spettacolo pratico, al quale non servono scenografie, dove ci saranno momenti intensi ed emozionanti, ma anche attimi divertenti e sorprendenti.

Si coglie quindi anche una vena di malinconia per quel trentennio d’oro che rappresentò il boom televisivo. Le manca quel periodo?
Mi manca molto, e sono amareggiato che le nuove generazioni, non hanno visto e conosciuto nulla di un’epoca piena di emozioni e culturalmente ricca che difficilmente si ripeterà.

Un periodo in cui ha lavorato al fianco dei “grandi” dello spettacolo. Cosa le hanno lasciato in eredità?
Mi hanno lasciato tutto. Sono stato fortunato, mi sento onorato e privilegiato ad aver lavorato per e con loro. Ho letteralmente rubato ogni istante, ogni lezione, ogni parola che pronunciavano. Eravamo i loro nipotini preferiti e camminavamo orgogliosi al loro fianco, calcando la loro linea, con una grande fame di apprendere. Quegli uomini erano grandi maestri e dopo di loro, non c’è più stato un ricambio generazionale.

Lei è un affermato doppiatore, ha prestato la voce a quasi tutte le star di Hollywood, pensa che è necessario saper recitare per essere un bravo doppiatore?
Certo, le due cose sono complementari e strettamente collegate. Non puoi essere un doppiatore se non hai fatto una scuola di teatro prima, se non hai imparato a usare e modulare la voce o se non conosci i grandi interpreti del teatro. Quello del doppiaggio è uno degli ambienti più meritocratici e sono pochi coloro che lasciano il segno.

Il segno, oltre che nel doppiaggio, lo ha lasciato sicuramente per aver fatto parte della “Premiata Ditta”, un quartetto amato e indimenticato. Ha mai pensato, insieme ai suoi colleghi, in una réunion?
Noi quattro, siamo tutt’ora molto amici, ma arrivati alla nostra età, tornare sulle scene, sarebbe rovinare un ricordo, che invece deve restare tale, senza necessariamente voler tornare indietro in modo forzato e finto in un meraviglioso e irripetibile periodo che ha dato slancio alle nostre carriere. Ciò che abbiamo lasciato è più bello di ciò che potremmo fare ora.

Maria Romana Del Mese