carta gialla

Pietro Ebner, il medico che traghettò culture

Esercitò la professione a Ceraso ma si dedicò anche alle ricerche storiche

SALERNO. Una mattina piovosa, alcuni mesi fa, ci siamo recati con gli amici Mario Infante, Pasquale Natella e Fausto Di Lorenzo (quest’ultimo munito di un suo supertecnologico drone) sulle alture che sovrastano l’abitato di Perdifumo, tra Punta Licosa e il Monte Stella, con ampia visione del litorale pestano. Motivo dell’escursione era la ricognizione e un primo sommario rilievo dei pochi resti affioranti di una costruzione - presumibilmente di carattere militare - di età magno-greca. Le tracce, rimestate e alterate negli ultimi decenni durante le installazioni di antenne e ripetitori, furono già viste in passato, seppure non documentate graficamente, da storici e archeologi i cui nomi richiamano una stagione importante di scavi e di studi sul Cilento antico e la Lucania Occidentale. Tra questi nomi quello di Pietro Ebner (1904-1988), e, stimolati in quell’occasione dal ricordo personale di quella figura nelle parole di Natella e Infante, rievochiamo oggi la sua vasta produzione di studi storici, a partire dalla “Storia di un Feudo del Mezzogiorno: la baronia di Novi”.

Quel ponderoso volume (700 pagine) doveva essere pubblicato da Pietro Laveglia, ma fu Gabriele De Rosa, a quel tempo rettore dell’Università di Salerno, a volerlo inserire nelle “Edizioni di Storia e Letteratura”, di cui era direttore, nel 1973. Non è però da credere che l’interesse e gli studi sul Cilento di Ebner risalgano solo agli anni di quella pubblicazione, ché la frequentazione di archivi e convegni di studi classici, ed amicizie e frequentazioni di archeologi, grecisti, glottologi, numismatici, era, fin dall’inizio, negli anni’30, della lunga carriera di medico pediatra, motivo e ragione di compensazione per lo spirito perché, come egli stesso ebbe a dire: “Ogni medico ha bisogno di evadere dalla malattia, da quel senso della morte che dà un rivolo di angoscia all’esistenza...”. Così, senza mai smettere l’esercizio e lo studio della specialistica attività medica nella sua Ceraso, avendo già offerto diversi contributi di scienza medica editi tra il 1930 e il 1936, comincia a pubblicare saggi ed articoli di impronta storico-archeologica, a partire dal primo contributo (1948) sui tipi monetali velini, pubblicato dalla Rivista Italiana di Numismatica, a cui fecero seguito diversi altri saggi sulla monetazione di Velia, sulla stessa rivista, sul Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano ed in altre miscellanee numismatiche tra il 1949 e il 1961. Attingiamo per queste notizie su Ebner numismatico dal bel saggio di G. Libero Mangieri (Apollo, VI, 1985-1988, pag. 261-268). Da questo abbrivio di studi sulla moneta, testimone questa sicura e imparziale del suo tempo, non poteva non derivare la necessità per Ebner di saggiare e documentare la storia, la mitologia e l’archeologia del territorio cilentano. Ne venne fuori, da quella che a qualche accademico, solitamente afflitto da “prurigo corrigenda”, poteva apparire come la passioncella di un medico di provincia, un’attività di ricerca sul campo che rappresenta ancor adesso una mèsse, una raccolta di studi di cui si giovano ricercatori e studiosi.

La consuetudine di luoghi e di genti cilentane, di raccolte e di archivi pubblici e privati, consentirono ad Ebner di produrre, in un cinquantennio di ricerca appassionata, tre fondamentali monografie, pubblicate dalle “Edizioni di Storia e Letteratura” nella collana “Thesaurus Ecclesiarum Italiae Recentioris Aevi”: il già citato volume su Novi, poi “Economia e società nel Cilento Medioevale” (1979 ), “Chiesa, Baroni e Popolo nel Cilento” (1982); un’ultima monografia “Per una storia di Ceraso”, Ebner la dedica al suo paese, poco prima della fine, nel 1985. Nelle opere del 1979 e del 1982 della “trilogia” cilentana, meglio che altrove, si coglie l’indagine originale e lo studio di statuti municipali, talvolta inediti, delle comunità insediate in centri, viventi e scomparsi, tra Cilento e Vallo di Diano.

Curare, e poi capire e documentare la storia della sua gente, entrando nelle case come medico o come amico e confidente, è stato il primo moto del mestiere parallelo di Pietro Ebner, e la cultura accademica nel campo degli studi classici, ma anche in quelli della storia moderna e contemporanea, non poteva non riconoscere il valore dei suoi lavori. Tra i tanti estimatori ed amici, oltre il suo mentore De Rosa, ricordiamo Giovanni Pugliese Carratelli, che lo invita a collaborare, fin dal 1964, alla sua rivista “La Parola del Passato”, Amedeo Maiuri che gli fa conferire la nomina di ispettore onorario degli scavi di Velia, e poi Mario Napoli, Marcello Gigante, Leopoldo Cassese, Pietro Laveglia, Venturino Panebianco, Nicola Acocella. Tra i tanti meriti di Ebner nei primi anni ’60 , ancor più stimolato e motivato da questi legami di amicizia, vi è certamente l’affermazione, suffragata da scoperte archeologiche (epigrafiche, statuarie, monetali) dell’esistenza di una vera e propria scuola di medicina a Velia, in essere almeno fino al IV secolo dopo Cristo. In veste - stavolta - di storico della medicina egli avanza poi un’ipotesi, suggestiva e condivisibile, di una trasmissione di culture e di prassi sanitarie tra quella scuola eleatica e le prime figure accertate della nascente Scuola Medica Salernitana, a metà del IX secolo d.C. Quest’idea di continuità del sapere medico dall’antichità al tardoantico - medioevo non è confortata da certezza di documenti per il vuoto temporale tra quarto e nono secolo, ma, questione aperta nella storia della medicina, attende il suo futuro storico indagatore.

Nel 2007 l’Ordine dei Medici di Salerno, per gli Annali della Scuola Medica Salernitana, pubblica il numero monografico “Pietro Ebner - Medico e storico”. I testi sono i contributi del convegno dedicato a Ebner, tenutosi a Salerno due anni prima, autori Ravera, Filpi, Gallo, Lauriello, Cestaro, Natella e Infante. Quest’ultimo relatore, Mario Infante, si accorda bene alla tradizione del medico-umanista, dedicandosi con scrupolo e passione allo studio “ex documentis” della sua terra e nel segno tracciato da Pietro Ebner durante la sua operosa esistenza.