L'INTERVISTA

Onofri: «Il fumo del sigaro? Filosofia di vita»

Il critico letterario e saggista dopo “Benedetti Toscani” ha pubblicato “Isolitudini”: un viaggio immaginario dalla mia stanza

di NICOLA SALATI

Un critico letterario e saggista a cui però piace viaggiare, anche se molte volte diventa “obbligo” di vita, e che allo stesso tempo è impegnato a scrivere perché «anche se il ruolo di lettore è quello che più mi affascina, sono costretto a mettere nero su bianco pensieri e parole che fino a oggi non sono stati sviscerati da altri ». A parlare è Massimo Onofri, che stasera sarà a Salerno all’Imagines Book per presentare la sua ultima fatica letteraria “Isolitudini” (edito da La Nave di Teseo), intervengono: Alberto Granese, Antonio Corbisiero, Stefano Pignataro, Aniello Palumbo e Paolo Romano. Letture di passi scelti a cura di Pina Russo; intermezzo musicale di Valerio De Nardo. Il professore di Letteratura Italiana presso l’Università degli Studi di Sassari continua con questa ultima pubblicazione il suo girovagare iniziato con “Passaggio in Sardegna” e “Passaggio in Sicilia”.

Massimo Onofri, come nasce il suo ultimo volume?

Se nei due libri precedenti Sardegna e Sicilia parlavo di viaggi che avevo fatto in prima persona, questa volta invece a viaggiare è stata la mia mente. Ho voluto intitolarlo “I solitudini” perché è un termine che apprezzo molto visto che racchiude in sé le parole isola, quindi mondo autonomo, e solitudine.

Perché nel sottotitolo specifica “Atlante letterario delle isole e dei mari”?

Il motivo è legato al fatto che si tratta di un atlante sconfinato di isole reali e immaginarie, scritto con curiosità e leggerezza da un viaggiatore che ama i libri e le storie che essi raccontano. Tra critica, saggio e narrazione, un atlante da tenere a portata di mano, da consultare ogni volta che si è incalzati da un desiderio, una nostalgia e una fantasia, da gustare a poco a poco o approfondire in lunghe ore di lettura sognante. Si parte dalla Grecia, nel nome di Lord Byron e di Leonard Cohen, per un lungo viaggio sulla rotta di Magellano e oltre: dagli estremi poli narrati da Edgar Allan Poe agli euforici e tristi tropici, dai mari del Nord e quelli del Sud. Attraversando gli oceani dei cinque continenti e la storia del Mediterraneo, toccando l’India di Tagore come le isole immaginarie di Swift e Verne, in compagnia di Houellebecq, Defoe, Douglas, Sebald, Melville, Le Clézio, Saramago, Salgari, Pirandello, Walcott, Mansfield, Aleramo e molti altri grandi e sconosciuti avventurieri.

Particolare è anche un altro suo scritto “Benedetti Toscani”...

È un testo con omaggi a Rousseau, Thoreau, Montaigne, che ho scritto, col sigaro tra le dita, seduto su una panchina di piazza Vittorio Veneto a Viterbo o sul balcone di casa ad Alghero e ovunque il lavoro mi porti. Di toscano in toscano, in una ritualità che si svolge prevalentemente di notte, sono riuscito così a mandare i pensieri in fumo, rigenerandomi.

Un libro che vuole essere un diario in cui si esalta la sosta come momento di passività...

Quando ho scritto Era ancora profondo il dolore di un padre che non vive più con la figlia e quindi il piacere della sedentarietà può trasformarsi in allucinazione.

La ritualità, come può essere anche quella di fumare un sigaro, è un approdo o un obiettivo?

È un punto di partenza, di bilancio, che assicura liturgicamente un ordine, per quanto illusorio, che in natura non c’è. I riti consentono la nostalgia e la speranza, rispetto al passato e al futuro. Il fumo diventa il velo che è bene che ci consente di assaporare la vita al meglio.

Quali sono i letterati che l’hanno ispirata nel corso della sua vita?

Bisogna partire dal concetto che io sono un leopardiano cronico, ma che sono attratto da Winfried Georg Sebald e da Alberto Schiavino.

Attualmente sta lavorando ad altri libri?

Mi sto concentrando in particolare su due pubblicazioni che dovrebbero vedere la luce a breve. La prima è una dedica al racconto di un anno letterario, il 1975, dal punto di vista di un lettore che entra in una libreria e si trova dinanzi una miriade di testi. La seconda è un dizionario degli amori perduti sulla falsariga de “I solitudini”.