Oggi alla Feltrinelli Rocco Hunt presenta il suo nuovo disco

SALERNO. Si scrive “Signor Hunt”, si legge: s’ignorànt: è il nuovo disco, il terzo pubblicato da Sony, di Rocco Pagliarulo, il rapper nato e cresciuto a Salerno che, ormai, tutto il Paese conosce con...

SALERNO. Si scrive “Signor Hunt”, si legge: s’ignorànt: è il nuovo disco, il terzo pubblicato da Sony, di Rocco Pagliarulo, il rapper nato e cresciuto a Salerno che, ormai, tutto il Paese conosce con il suo aka: Rocco Hunt. A poche ore dal firmacopie atteso oggi (ore 15) presso la libreria Feltrinelli, il “poeta urbano” si racconta e parla di ciò che ha ispirato questo suo ultimo progetto.

Quando dici “s’ignorant” a chi è che si riferisce?

A chi mi giudica, a chi pensava il contrario di me: che io fossi un signor rapper per il semplice fatto di aver fatto un po’ di strada. A chi si aspetta cose diverse da me, più commerciali, “sì tu ignorant’” se pensi questo: è un album rap, avevo paura di fare un disco incravattato, quasi pop. Sono maturato, questo disco, in cui tendo a sottolineare il mio punto di riferimento che è la scena rap anni 90, rappresenta un salto di qualità. Avevo percepito tra i fan, ma soprattutto in me stesso, il rischio di allontanarmi troppo dalle cose che mi rappresentavano. Anche se ci sono cose che lo caratterizzano di più come disco hip hop, il linguaggio resta trasversale, va dall’underground al mainstream. Ci sono Neffa, Mario Biondi, Chiara, ma anche Speaker Cenzou, Clementino, O’ Zulù, avevo voglia di spingere la scena campana. E per chi non capisce il nostro dialetto, a cui non rinuncio del tutto perché mi dà la carica, ci sono le traduzioni nel booklet, non ci sono più scuse.

Tornerà a Sanremo?

Non è nei miei progetti, adesso stiamo programmando il tour. Ho tanti ricordi ed emozioni legate a quel palco, e poi sarà di certo un’edizione stimolante vista la presenza, confermata, di Carlo Conti. Come avrebbe detto il buon Franco Califano: non escludo il ritorno.

Il rap nasce dal voler esprimere sentimenti di rabbia. Cosa la fa indignare?

I giudizi facili, le persone che criticano una cosa senza conoscerla, che esprimono la loro su un libro limitandosi alla copertina, senza leggerlo. Dopo Sanremo, in molti hanno pensato che fossi un raccomandato ma io sono uno dei pochi venuto dal nulla. Non potrei mai rinunciare alla voglia di denunciare ciò che non mi piace, non riuscirei a parlare di cose frivole, il rap parte dalle Black Panthers, da una corrente di pensiero.

Il suo giudizio sui talent?

Sono contento se dei ragazzi possono esprimere la loro visione attraverso i talent, senza farsi inglobare da una macchina che, fondamentalmente, è alimentata da immagine e appetibilità. Se fossero sempre esistiti, non avremmo avuto i grandi cantautori degli anni passati. Sarebbero stati tutti scartati.

Dalla vittoria a Sanremo ha fatto tanta strada, visto molte città. Come vede, ora, Salerno?

A Salerno, abbiamo tanti artisti che “spaccano”. Ma manca una realtà in cui far crescere i musicisti. Quest’estate, ero a Milano e vidi la locandina di un festival rap, a Salerno (il Bits Festival) con nomi importanti e ho provato una grande soddisfazione, era come vedere i miei sacrifici realizzati. Salerno non è una grande città ma abbiamo una scuola jazz che ci invidiano tutti.

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