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Nuovi studi sul follaro La storia di Salerno attraverso le monete

di PAOLO ROMANO Nuo. vi studi sulla monetazione salernitana. A pubblicarli sull’ultimo numero della rivista specializzata Monete Antiche, è stato il salernitano Pierluigi Canoro. Da esperto del...

di PAOLO ROMANO

Nuo. vi studi sulla monetazione salernitana. A pubblicarli sull’ultimo numero della rivista specializzata Monete Antiche, è stato il salernitano Pierluigi Canoro. Da esperto del settore, Canoro si è concentrato proprio sulla zecca di Salerno, nel periodo aureo del Medioevo. “Imago urbis: Salerno. Architetture, rappresentazione e identità della città nella monetazione”, questo il titolo dell’articolo storico-numismatico che compie un excursus sulle rappresentazioni della città di Salerno sui risvolti dei denari del tempo. L'analisi parte dalla prima raffigurazione della città, nella monetazione tardo longobarda di Gisulfo II, per arrivare all'ultima monetazione normanna di Tancredi d'Altavilla, passando per le emissioni di Roberto il Guiscardo, Ruggero II e dei rispettivi discendenti. «Che molto spesso le monete, per i messaggi e le immagini impressi o per il contesto di ritrovamento, siano elementi utilissimi per l’indagine storica su di un popolo, una città o un territorio, è cosa nota – spiega Canoro - Nel caso della città di Salerno la sua interessante e varia monetazione non solo è preziosa fonte per la ricostruzione dei fatti storici che hanno riguardato una porzione considerevole del Meridione d’Italia, ma anche, a tratti, di importanti elementi per meglio tratteggiare il connotato urbanistico della città».

Alcune celebri coniazioni della zecca salernitana forniscono anche le più antiche immagini del ducato. «La prima emissione a riportare la rappresentazione di Salerno è un follaro di Gisulfo II che, al dritto, presenta il busto del principe con scettro nella destra e pianta nella sinistra circondato dalla legenda Gisulfus Princeps e, al rovescio, reca una veduta della città dal mare e la celebre dicitura Opulenta Salernum. Come evidenziato da Philip Grierson in un suo studio ripubblicato in italiano nel 1957 per un bollettino del Circolo Numismatico Napoletano, con tutta probabilità l’impostazione iconografica del rovescio di questo follaro fu mutuata dalla monetazione del coevo arcivescovo di Colonia». Con un’emissione dal forte impatto iconografico e recante un messaggio chiaro di ricchezza e potenza, dunque, l’ultimo principe longobardo della città inizia le coniazioni a suo nome, riprendendo a pieno regime l’attività della zecca di Salerno dopo un protratto periodo di coniazioni anonime di sola moneta aurea ad imitazione di tipi arabi. «L’immagine di Salerno dal mare che ci è fornita dal follaro di Gisulfo II – prosegue Canoro - riflette la peculiare impostazione della città e ci presenta per la prima volta un’iconica immagine di Salerno, che sarà ricorrente in miniature, incisioni e stampe fino all’età moderna, caratterizzata dalle sue fortificazioni triangolari».

Al vertice nord di questo ricorrente triangolo iconografico campeggia la turris maior, il nucleo centrale del castello di Arechi II, dal nome del duca (poi principe) longobardo che nell’VIII secolo spostò la capitale a Salerno, erigendovi il proprio palazzo e fortificando e arricchendo l’abitato. «Una seconda significativa rappresentazione della città la ritroviamo al rovescio di un follaro attribuito dubitativamente, ma ormai con più convinzione, a Roberto il Guiscardo per la presa della città. Anche in questo caso è raffigurata Salerno vista dal mare, rappresentata simbolicamente ancora una volta dalla turris maior sovrastante il centro abitato con la sua sommità merlata, mentre più in basso si riconoscono tre cupole con altrettante arcate e quattro colonne, probabilmente sempre rappresentazione dei varchi di accesso alla città. Ancora una volta il messaggio che si vuole veicolare è quello della forza militare della città e, di riflesso, di colui che è riuscito a conquistarla; la legenda Victoria in esergo infatti è l’elemento preponderante per l’attribuzione al Guiscardo». Sono monete non solo di valore storico ma caratterizzate anche da una certa bellezza iconografica. E’ il caso del follaro di Guglielmo II in cui la città di Salerno è rappresentata dal solo castello: «questa immagine del castello di Salerno è davvero molto simile a quelle riportateci dal filosvevo Pietro da Eboli nelle miniature del suo Liber ad Honorem Augusti, composto tra il 1195 e il 1196, nemmeno dieci anni dopo la scomparsa di Guglielmo II». La fortezza del monte Bonadies, con i secoli, diventa un vero e proprio simbolo. La torre compare anche nel follaro emesso congiuntamente da Tancredi e dal figlio Guglielmo III. «Questa è l’ultima raffigurazione monetale assimilabile al castello di Salerno – conclude Canoro - con l’avvento degli Svevi (...), a Salerno è emessa una sola moneta a suo nome dopodiché l’attività della zecca di Salerno cessa».

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