Non è colpa della Germania 

Oggi la presentazione del volume di Beatrice Benocci sul paese della Merkel

Dall’allarmato richiamo di Thomas Mann ad una Germania Europea, già si paventava il rischio di un’Europa “germanocentrica”. Eppure, dal volume “La Germania necessaria. L’emergere di una leading power tra potenza culturale e modello economico” (Franco Angeli edizioni) di Beatrice Benocci – ricercatrice del dipartimento di Scienze politiche, sociali e della comunicazione dell’Università degli studi di Salerno – emerge la realtà di un’ Europa «che trova nella centralità della Germania la sua ragion d’essere».
Il libro che verrà presentato oggi alle 18, 30 alla Feltrinelli di Salerno (interviene il professor Antonio Donno, modera l’incontro Antonio Dura), è anche il racconto storico-economico di un paese, quello tedesco, capace ammirevolmente di rialzarsi e di riscattare l’ombra oscura del nazismo e l’isolamento a cui era stato inizialmente condannato: da paese totalitario a paese ferito, la cui crescita straordinaria l’ha portato oggi ad acquisire un posto centrale nello scacchiere europeo e internazionale.
Beatrice Benocci, il suo libro analizza il rapporto tra la Germania e l’Europa: secondo lei quanto la Germania ha incarnato lo spirito comunitario europeo?
Il rapporto che lega Germania ed Europa è un legame molto stretto. All’indomani della Seconda guerra mondiale, la Germania non aveva né un ruolo né un posto e nemmeno una patria. Nel momento in cui viene costruita l’Europa comunitaria, partiamo dal 1951, con la prima formula che è la Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio), la Germania vede la possibilità di ricollocarsi a livello europeo e internazionale. È come se sin da subito, dal cancellierato Adenauer, l’Europa rappresenti per la Germania la propria casa e la propria possibile patria. Un rapporto, quindi, che si è rinsaldato tanto da permanere fino ad oggi.
Crede che la Germania sia riuscita, effettivamente, a liberarsi della macchia nera rappresentata dal nazismo e dalla Seconda guerra mondiale? Possiamo dire che ogni anno la Germania riconosce la propria responsabilità. Nel 2011, Angela Merkel ha ribadito fermamente che il suo paese ha una responsabilità perenne nei confronti dell’Olocausto e della Seconda guerra mondiale. Però va anche detto che la Germania ha affrontato un lunghissimo periodo di analisi e riflessione su quella che è stata la Seconda guerra mondiale, che parte dalla prima metà degli anni sessanta e si conclude quando Willy Brandt si inginocchia di fronte al memoriale nel Ghetto di Varsavia. Quindi a differenza, ad esempio, del nostro paese, la Germania ha compiuto un’importante presa di responsabilità della propria storia.
Lei pensa che il modello economico tedesco, stabilito dal cancellierato di Angela Merkel e imposto alla comunità europea, sia giusto?
Con la crisi economica del 2007, la Germania ha rappresentato in Europa quella cordata di paesi che volevano che gli Stati con un debito pubblico molto elevato, come l’Italia, la Spagna e L’Irlanda, affrontassero seriamente i problemi della loro economia e ciò richiedeva una politica di “austerity”, che molti associano erroneamente a politiche neoliberiste. L’errore è stato quello di addebitare unicamente alla Germania la responsabilità del nostro sacrificio economico, quando in realtà, sono stati tutti i paesi che avevano economie più forti a indirizzare i paesi più deboli verso questo tipo di politiche.
Nel suo libro, lei fa riferimento al sociologo Ulrich Beck e alla sua idea di un’Europa cosmopolita, aperta all’accoglienza dell’altro. La Germania rappresenta questo tipo di modello?
Beck aveva un’idea di un Europa cosmopolita come di un’Europa che tende ad allagarsi accogliendo l’altro con la sua sofferenza e la sua storia. Molti paesi europei, oggi, hanno innalzato veri e propri muri verso gli immigrati. Al contrario, nel 2012, la Germania si è comportata in modo completamente opposto aprendo le frontiere ai siriani. La Germania è sempre stata luogo di immigrazione; si pensi che ha accolto prima i tedeschi dell’Europa orientale e poi negli anni cinquanta e sessanta tutti gli europei che venivano dagli altri paesi. Oggi la Germania restituisce all’Europa quei valori essenziali per l’Unione europea, ovvero tolleranza, accoglienza, difesa dell’ambiente, che vediamo essere disattesi in altri paesi.
Luigi Somma
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