«Nello spirito di Viviani appare l’Immacolatella in un “carousel” visivo»

Scaparro presenta il suo lavoro in scena da domani al Verdi Sul palco Ranieri evoca la Napoli del “cafè chantant”

SALERNO. Dopo il successo di “Viviani Varietà”, il regista, autore e scrittore Maurizio Scaparro rinnova il suo sodalizio artistico con il cantattore Massimo Ranieri in “Teatro del Porto”, spettacolo inserito nel cartello della stagione di prosa del Teatro Verdi e che andrà in scena da domani a domenica 22 gennaio.

Un viaggio a tutto tondo nel teatro e nella musica di Viviani insieme ad un gruppo di musicisti ed attori, con le elaborazioni musicali di Pasquale Scialò, su scene di Lorenzo Cutuli, i costumi di Nanà Cecchi e la produzione della Compagnia degli Ipocriti. Lo spettatore si troverà immerso nella Napoli dei primi del ’900, nella zona del porto e dei suoi vicoli e piazzette limitrofe, in cui Viviani amava rappresentare i suoi lavori.

«Abbiamo pensato a uno spazio amato da Viviani, a uno spazio neutro sospeso tra mare e terra, quasi un “porto delle nebbie”, come con Massimo l’abbiamo chiamato – dice sorridendo il maestro Scaparro, durante le prove – Uno spazio che favorisse lo scambio di conoscenza e di esperienze che venivano dal mare, e dove vorremmo che Viviani ci portasse per mano attraverso il suo teatro e la sua musica per ricordare sogni e delusioni di una grande città e per accompagnarci verso un futuro già cominciato scoprendo anche, grazie a lui, parole vecchie e nuovi significati come Mediterraneo, emigrazione e, con il necessario ottimismo, cultura, musica, teatro, Europa è un lavoro che non ha richiesto una vera e propria regia, io e Massimo abbiamo lavorato in sinergia, come due vecchi “compagni di banco”».

Quindi cosa vedrà il pubblico in scena?

Il lavoro è immaginato come una serata d’onore per salutare il pubblico prima di una partenza per il viaggio in mare con una carrellata di numeri che Viviani metteva in scena all’epoca, tra cui canzoni conosciute e meno note del genio partenopeo. La prima parola chiave che mi ha condotto verso l’inizio dell’ideazione della scena e dei costumi di Teatro del Porto, è stata “evocazione”. Evocare, per restituire ad una forma visiva nuova il mondo complesso e composito della poetica e dei personaggi di Raffaele Viviani, resa scenicamente attraverso uno sguardo teatralmente “rovesciato” dell’impianto scenografico. Infatti, fin dalle prime battute dello spettacolo, lo spettatore avrà la sensazione di guardare il teatro dal punto di vista dell’attore, cioè dal dietro le quinte.

Come saranno le scene?

È teatro rivelato nella sua dimensione di artigiana e nuda strutturalità: tutto è a vista dove soltanto una cornice dorata con lampadine, diviene portale, diaframma, boccascena, a suggerire allo spettatore echi di immaginari cabaret europei, sale di music-hall e di varietà, tipiche del decennio 1920-1930. Un teatro del porto che diviene evocatore di suggestioni rese visivamente dalle riconoscibili citazioni di immagini pittoriche, riprodotte magistralmente sulla tela dipinta, di una Napoli sognata, si potrebbe dire vivianea, nel languore della visione del porto dell’Immacolatella o nell’incisiva ed incombente presenza del Vesuvio in piena eruzione. La Napoli di Viviani fatta di poesia, parole e musiche si intreccia alla dimensione del varietà condita con siparietti futuristi e dei cafè chantant. Le parole dell’autore si amplificano sul palco dando spazio scenicamente ad un succedersi caleidoscopico di canzoni e numeri in prosa, che conducono lo spettatore ad una sorta di “carousel” visivo.

Dalle sue precedenti esperienze salernitane che idea si è fatto della città, visto che lei ha anche partecipato nello scorso novembre al progetto “Il cinema è teatro”?

Salerno è una città che sta nel mio cuore, è bella e mi piace, ha una sua personalità, ho trovato una volontà condivisa da molti di essere una città di pensiero e cultura, l’università è ottima. Salerno può e deve diventare un punto di riflessione internazionale. Il Verdi è bellissimo ed accogliente, qui mi trovo veramente bene.

Cosa l’aspetta nel suo prossimo futuro? Già sta pensando a nuovi progetti?

Oltre alla ripresa teatrale di “La bottega del Caffè” con Pino Micol e quella di Viviani, sto pensando ad un nuovo allestimento tratto da un bellissimo romanzo dei primi del ’900, “Metello” di Vasco Pratolini, da cui Mauro Bolognini trasse l’omonimo film negli anni '60, con interpreti un Massimo Ranieri giovanissimo, Ottavia Piccolo e Lucia Bosè. Era l’inizio secolo ed i giovani di quell’epoca erano latori di nuove idee. Voglio mettere questo spettacolo in scena per parlare alle giovani generazioni che sono vittime della “Demenza Digitale”, per citare il libro di Manfred Spitzer.

Il Teatro del Porto è il saluto al proprio pubblico, in versi prosa e musica, di un capocomico in partenza per il Sudamerica. Materiali del varietà che mescolano forme vocali colte (romanze da camera, preludi, cavatine, melologhi, duetti) a quelle popolari autoctone e di importazione: dai canti a distesa a quelli di lavoro, da canzonette di ambulanti a motivi ballabili. La musica segue come un sismografo gli stati d’animo e le vicende di un’ampia galleria di personaggi tra momenti fracassoni e spazi di sofferta intimità. Proprio come si addice a un qualsiasi porto del sud del mondo, teatro di presenze, scambi e passaggi. Qui tutto sembra scorrere liscio fino a quando la lacerante sirena di un piroscafo in partenza fa calare un sipario sulle vite delle persone.

Paola Primicerio

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