Racconti d'estate

Mohammed, i suoi libri e la voce di altri mari

La sabbia volteggia furiosamente sulla spiaggia. Il vento di luglio, in alcuni casi superiore ai quaranta nodi, trasforma nell’immaginazione una spiaggia salentina in un vortice di granelli desertico alimentato da una forza pari a quella del Ghibli. Mentre decidiamo se restare, resistendo stoicamente al vento per goderci un po’ di acque cristalline agognate per un anno intero, arriva lui. Statuario e imperterrito, percorre ininterrottamente il litorale, incurante del caldo soffocante, delle folate urticanti e soprattutto dell’indifferenza, dell’astio e del malcelato razzismo di molti bagnanti. Si ferma da noi. Si chiama Mohammed, sembra avere un’età tra i venti e i trent’anni e lavora a Milano. D’inverno, però. D’estate, infatti, si trasforma in un venditore ambulante, uno dei tanti che incessantemente battono i luoghi di villeggiatura e le piazze, in affannosa ricerca di qualche euro per sbarcare il lunario, arrivare a fine giornata, mandare qualche soldo alle famiglie lontane.
La sua mercanzia è un bagaglio di racconti africani, eco di terre lontane. Poggia in terra i suoi libri e la sabbia salentina si colora di voci nuove. Alma comincia a sfogliare avida i romanzi per bambini, divora incuriosita le immagini di popoli, animali della foresta e spiriti della natura. Lui si libera del peso della merce e della solitudine. Racconta di un mare diverso e troppo immenso, di terre amare e incomprese, di danze e sudore, e della scelta di partire. Ci parla di Lecce e Napoli, di Milano e del Nord, della gente, dei pregiudizi, delle mani tese, di una parte d’Italia che forse conosce meglio di me. E poi delle stanze divise, delle notti all’addiaccio e delle nuove partenze. Della solidarietà tra gli amici senegalesi, che condividono sventure e fatiche, e quando si incrociano sulla sabbia si scambiano saluti e cenni complici. Elenca nomi di autori senegalesi, ci racconta del presidente poeta Leopol Senghor, è fiero della musica del suo popolo, parla dei politici italiani e della povera gente accecata dall’odio. Nei suoi occhi tutta la voglia di raccontare, di ascoltare e di incontrarci. Soprattutto una fede incrollabile nel futuro. Io gli parlo di speculatori politici, di un’Italia in pericolosa deriva fascista, di pregiudizi e discriminazioni. Lui annuendo tranquillo ribatte a voce bassa che il mondo cambierà, che i giovani conosceranno, studieranno e capiranno.
Intanto Alma ha scelto il suo libro dai mille colori. Con una Madre Natura nera e grossa, i capelli variponti e infiorati, e la storia della sua piccola figlia ape che lascia tutto per prendersi cura di lei, e riceve in dono il miele squisito che tutti i bambini della terra vorranno. Stringe fiera il suo libro, il nostro amico le porge una mano nera che la intimorisce, ed un sorriso largo quanto la costa salentina.
Alla fine ci saluta con un “ciao fratelli”, come traccia di un’effimera condivisione, di un po’ di conversazione scambiata, di un’empatia passeggera e naturale. Si allontana con il suo fardello di volumi, come la piccola ape laboriosa, con un racconto in più negli occhi, verso altri ombrelloni, con nuove storie e altre parole. Il vento aumenta e trascina ogni cosa, cerchiamo di raccogliere tutto e andiamo via. Ma domani andrà meglio. La nostra estate è appena cominciata.
(Con un grazie particolare a Nadia Fruggiero)
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