L'intervento

Mara Carfagna: «Ecco perché voterò sì alla legge sulle unioni civili»

L'ex ministro spiega: «In gioco ci sono i diritti sacrosanti della persona, contano più delle faide politiche»

Mara Carfagna, parlamentare di Forza Italia ed già ministro per le Pari opportunità del governo Berlusconi, spiega in un intervento su "la Città" perché ha deciso di votare sì alla legge sulle unioni civili. Eccone il testo.

di Mara Carfagna

Che in Italia ci fosse un vuoto normativo in materia di diritti riguardanti le unioni civili è fatto ben noto. Che questo vuoto andasse colmato è un dato altrettanto inconfutabile. Che a farlo dovesse essere il legislatore, ossia il Parlamento, e non i tribunali a colpi di sentenze è un fondamento democratico ineluttabile.
Mi sono sempre battuta per contrastare ed estirpare i pregiudizi e le discriminazioni in tutti i campi, anche e soprattutto nei confronti delle persone omosessuali.

La prima – e purtroppo ultima – campagna istituzionale contro l’omofobia è stata realizzata dal governo di Silvio Berlusconi dietro mio stimolo, così come è accaduto per le iniziative di prevenzione dentro alle scuole di ogni ordine e grado (con la “Settimana contro la violenza”) e un nucleo della Polizia chiamato a risolvere i casi di omofobia violenta (Oscad).

È per questa ragione, per coerenza rispetto alla mia storia e al mio lavoro, che ho deciso di dire “sì” alla legge sulle unioni civili che verrà votata la settimana prossima alla Camera. È una legge che serve all’Italia, bisogna ammetterlo.

È una legge che seppur perfettibile, contraddittoria, confusa, nonostante presenti errori nella parte sulle unioni eterosessuali e dunque permetta un’intrusione dello Stato nelle coppie, sia etero che omosessuali, rappresenta un importante passo in avanti sulla strada del pieno riconoscimento dei diritti civili nel nostro Paese, mette fine a una discriminazione.

Per usare una metafora, vedo questa legge come una rosa con tante spine. Una rosa che però va colta ugualmente perché del suo profumo, del suo colore, in Italia, godranno migliaia di persone. Persone che aspettano da troppo tempo di veder riconosciuti i loro diritti.

Quando in gioco ci sono i diritti sacrosanti della persona le faide politiche, la contrapposizione ideologica, le rivalità andrebbero messe da parte in virtù di un bene superiore.

Quando si tratta di dare a delle persone qualcosa che aspettano, chiedono e meritano di ottenere, bisognerebbe ragionare, e agire, pensando solo a loro.

Matteo Renzi a questo giro ha perso un’occasione straordinaria. Quella di dialogare, di confrontarsi, di approvare una legge condivisa e di farlo con un ampio consenso del Parlamento e dell’Italia.

Ha preferito ancora una volta privilegiare la conflittualità, le logiche di potere, la politica dell’uno contro l’altro.
Il premier ha coltivato e alimentato le tensioni, ha gettato concime sulle contrapposizioni sia politiche che ideologiche, ha trasformato l’approvazione di una legge così delicata in un ring, in un incontro di pugilato in cui ancora una volta ha tentato di dimostrare di essere il più forte, di essere lui il campione.

Ha sbagliato su tutta la linea. Perché quando si parla di diritti, quando in gioco ci sono le vite di migliaia di persone, quando bisogna finalmente riconoscere e dare dignità a chi non ne ha, non c’è bisogno di dare ad una legge un’appartenenza, un colore politico, non c’è bisogno di metterle sopra il proprio cappello, facendo vivere all’Italia l’approvazione del disegno di legge di Monica Cirinnà come un lunghissimo travaglio, come un argomento che genera tensioni, dissensi, alimentando divisioni.

E non parlo di divisioni all’interno del Parlamento o di un partito, ma all’interno del Paese, correndo il rischio di far crescere le discriminazioni invece che sedarle.

Per me, sopra ogni cosa, vengono i diritti inviolabili delle persone, tutte, senza distinzione. Questo principio guiderà sempre le mie scelte come donna, prima ancora che come legislatore. Questo mi ha portato alla decisione di votare sì.

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