il libro

"Le verità sommerse" del comandante Schettino

Nella sua Meta di Sorrento l'ufficiale ha presentato il libro sulla tragedia del Giglio scritto insieme alla giornalista salernitana Vittoriana Abate

META DI SORRENTO. Ha scelto Meta di Sorrento, per sentirsi a casa. E la Casina dei Capitani, per non sentirsi degradato. Francesco Schettino ieri è tornato sul "luogo del delitto", a debita distanza dal Giglio ma anche dai giornalisti. Li ha scansati fino alle 21,15, l’ora X del naufragio della Costa Concordia, quando ha sbottonato un suo pensiero, ormai sotto assedio, in riva al mare. Prima di concedersi al Lido Marinella, aveva scelto nel tardo pomeriggio il raduno dei capitani di lungo corso di Meta per la prima ufficiale del libro “Le verità sommerse”, stampato dall’editore Pietro Graus in diecimila copie e scritto in 600 pagine a quattro mani con Vittoriana Abate, giornalista salernitana.

Lui, il comandante nato a Napoli 55 anni fa e condannato a 16 anni per la tragedia che causò 32 morti, è arrivato a bordo di un'auto e si è infilato in quel rifugio protetto seguito poco dopo dalla donna, scortata da una volante della polizia e da Cataldo Calabretta, uno dei legali del suo collegio difensivo. Bocca cucita, fino a sera inoltrata. Al Lido una breve dichiarazione, sotto la pressione dei media. «Ho sottoposto ad alcuni esperti la mia disanima dell'incidente,alcuni capitoli tecnici e aspetti non considerati e tutti erano concordi nel ritenerla interessante - ha dichiarato Schettino - La curiosità del libro è stata tanta e ha trovato riscontro anche in quelle che erano le loro perplessità».

Prima di lui e molto piu di lui aveva parlato Abate. «Il libro non è la verità di Schettino sulla tragedia – ha sottolineato la giornalista - ma vuole essere una ricostruzione giornalistica, con atti e documenti non considerati e utili forse a cercare un’altra verità. Secondo questa nuova ricostruzione ci sono altri responsabili. La dedica alle vittime è stato un gesto di  cuore e non ha suscitato critiche da nessuno dei parenti delle vittime, a cui va il nostro pensiero».