Arte

Le tele religiose di Montecorvino Rovella

I due splendidi dipinti a olio di un anonimo

MONTECORVINO ROVELLA: Nella chiesa di S. Maria della Pace a Montecorvino Rovella vi sono due interessanti dipinti a olio, su tela. Entrambi sono opere di un artista ancora anonimo, ma che si è firmato con il monogramma “AI”. Vi è anche la data della loro esecuzione: 1860. Le opere si trovano alle pareti del presbiterio della chiesa e hanno notevoli dimensioni. Un dipinto rappresenta “Santa Chiara che mette in fuga i Saraceni”, l’altro “L’estasi di S. Francesco di Assisi”. Com’è consuetudine, quando non si riesce a rintracciare la paternità certa delle opere, si trova uno pseudonimo che possa identificare in qualche modo l’artista. Lo storico dell’arte Carmine Tavarone ha proposto di chiamarlo “Ignoto monogrammista AI”. Il primo dipinto, posto sulla parete destra del transetto, narra un episodio della vita di Santa Chiara che, pur essendo inferma nel convento di San Damiano, ebbe la forza di levarsi in piedi recarsi all’aperto per salvare la città di Assisi da un’invasione saracena, riuscendo eroicamente a mettere in fuga gli assalitori. La Santa è monumentalmente dinamica e "furiosa".

Con la mano destra regge un calice contenente le ostie consacrate, con la sinistra indica i Saraceni che stavano già appoggiando le scale alle mura cittadine, per assaltarle, ma che appena vista la Santa si danno a una scomposta e precipitosa fuga. Una consorella si aggrappa a lei piena di paura. Cerca in qualche modo di contenere l’impeto della Santa, che quasi la travolge. L’eroismo di Santa Chiara è palese. Risente l’eco della retorica della pittura devozionale post-riforma tridentina, anche se siamo in un periodo piuttosto lontano dai fasti pittorici della devozione barocca, strettamente intesa.

L’altra opera, invece, rappresenta un momento di grande spiritualità legata al Santo di Assisi, in estasi mentre ascolta le dolcissime e ineffabili melodie del violino di un angelo musicista. San Francesco sta avendo un’estasi, una visione mistica. Alle sue spalle un altro angelo lo sostiene dolcemente, per evitare che cada privo di sensi.

Il misterioso artista si è rifatto a racconti biografici francescani redatti da San Bonaventura e da Tommaso da Celano e dai “Fioretti”. Ma l’opera è sostanzialmente una rivisitazione di un analogo dipinto che il pittore Francesco Trevisani aveva realizzato nel 1729 nella chiesa romana di Santa Maria in Aracoeli. Evidentemente, l’ignoto pittore di Montecorvino ebbe modo di vedere un’incisione dell’opera romana del Trevisani, traendone spunto, forse su suggerimento della stessa committenza. Il dipinto di Montecorvino presenta diverse ridipinture che come al solito mortificano, a volte falsificano, le opere. Tuttavia i riferimenti all’opera di Trevisani sono palesi, come nella croce in legno, nel libro, nel teschio, offrendoci una rivisitazione dell’opera romana in chiave devota, inserendo il Santo in una grotta mentre un paesaggio greve si intravede sulla sinistra, ma privo dei riferimenti cromatici e delle calde atmosfere tardo barocche, presenti invece nell’opera romana. Si tratta, in fondo, di una rivisitazione accademica, un po’ spenta, attraverso un linguaggio pittorico che è piuttosto freddo e poco incline alla partecipazione emotiva, cosa che invece è presente con più convinzione nell’arte e nel luminismo pittorico nell’opera con lo stesso tema iconografico realizzata dal Trevisani. In tutti i casi va sottolineato che l’ Ignoto monogrammista AI resta un pittore piuttosto capace e bravo, in linea con la sensibilità pittorica dell’Ottocento.

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