Le strade (statali) che solcano il Meridione

Alla Mediateca Marte, a Cava, una mappa fotografica realizzata da Licio Pallino sulle grandi vie di collegamento del Sud

Una mappa fotografica delle strade statali storiche che attraversano l’Italia meridionale. Ad avere l’idea e a realizzarla, sotto forma di mostra, è l’entomologo Licio Pallino. Oggi l’inaugurazione alle 17.30 e visibile fino a domenica 21 gennaio, nelle sale della Mediateca Marte, a Cava de’ Tirreni. Nel corso dell’inaugurazione interverranno il sindaco Vincenzo Servalli, il dirigente della Mediateca Rosario Memoli, l’autore della mostra, Licio Pallino, l’autore delle didascalie, Franco Bruno Vitolo, che farà anche da conduttore della manifestazione. “Le Vie Nazionali - Viaggio fotografico alla scoperta delle Strade Statali dell’Italia del Sud”, è il titolo di un progetto che racchiude ben 52 fotografie, ognuna corredata da didascalia, 35 strade statali e altrettante cartine illustrative: la prima mostra, nel suo genere, esposta in Italia. «Ho abbinato il piacere del viaggio con la particolarità dei posti che visitavo per lavoro», racconta Licio Pallino, che di mestiere fa l’entomologo per una multinazionale olandese. Durante le sue missioni, ha visitato i percorsi lungo le strade statali del Sud istituite nel 1928 ed oggi abbandonate.

La sua passione è la fotografia, fin da quando suo padre gli aveva regalato una vecchia Canon anni ’50, per poi comprare con i propri soldi una macchina fotografica nel 1979. «Mi è sorta la curiosità di visitare le strade che prima si percorrevano, quando ancora non c’erano le odierne autostrade. Ho scoperto posti meravigliosi. Mi sono domandato come raccontare questi luoghi alla gente. La fotografia mi è sembrato il mezzo più adatto».

Un enorme reticolo di strade, che sfiorano borghi, boschi, parchi nazionali, pezzi di mondo italico ormai dimenticato. «Molte persone preferiscono partire per gli Stati Uniti percorrendo chissà quale tragitto. Ma la vera storia è qui da noi». Punti forza del percorso sono le case cantoniere, gestite dall’Anas, dove all’epoca vivevano gli operai addetti alla manutenzione delle strade. «La legge 1928 firmata da Vittorio Emanuele III, con Benito Mussolini capo del governo, riordinò queste strade arricchendole di case cantoniere. Ho trovato nell’Alta Murgia case cantoniere con pozzi e forni. Queste strade all’epoca, nelle zone interne, venivano isolate quando nevicava. Quindi doveva esserci acqua e forno per fare il pane».

Col tempo le strade statali sono state derubricate, declassate, passate ad enti provinciali e regionali, dunque abbandonate. «Molti tratti di strada sono chiusi per frane - continua Pallino - Raccontare questi pezzi di Italia significa anche promuovere un tipo di turismo diverso. La Calabria, ad esempio, è uno spettacolo, una regione che potrebbe vivere tutto l’anno di turismo. Da Roma a scendere giù, queste strade attraversano i parchi nazionali». Molte le particolarità scoperte. «Quando viaggio l’obiettivo non è la meta finale, mi interessa ciò che c’è in mezzo. Ad esempio, La fontana del Re, costruita dai Borbone, sulla Statale 90 delle Puglie, una delle strade tramite cui il grano veniva portato a Napoli. Ho scoperto che è stata costruita da due mastri architetti di Cava de’ Tirreni. Mi piace ricordare il ponte sul fiume Garigliano, sull’Appia moderna, il primo costruito in acciaio in Italia e il primo ponte sospeso in Europa. E poi le antiche ferriere in Mongiana, nel cuore della Calabria, dove veniva prodotto l’acciaio che forgiò le rotaie della Napoli-Portici». Le fotografie di Pallino a colori e in bianco e nero, fissano un’Italia genuina, antica. «Raccontare con le parole o scrivendo qualcosa, può non indurre a comprendere quelle emozioni. L’occhio - spiega l’entomologo - invece è un organo che riesce a percepire in maniera più rapida e a dare più informazioni velocemente. Una fotografia spiega tutto. Ho lavorato molto sulle luci e sulle ombre per tirare fuori la personalità di questi manufatti sulle strade. È un lavoro da cronista, certo, ma non ho voluto fare foto piatte. Ho cercato di carpire l’anima di quei luoghi. Ho scelto se attenuare o meno un colore. Dipendeva dal contesto. Insomma, queste case hanno una personalità».

Davide Speranza

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