Le geometrie di Ciro Pica

Al Frac retrospettiva su un artista ancora da scoprire che fu protagonista negli anni ’60

Il Museo Frac di Baronissi prosegue la sua esplorazione degli artisti salernitani che a partire dalla seconda metà del secolo scorso hanno attraversato i movimenti dell’arte italiana, a volte addirittura anticipandone le ispirazioni e le intuizioni, e punta l’attenzione su un artista forse fin troppo sottovalutato ma la cui opera appare oggi tutta immersa nella contemporaneità di quegli anni tra astrattismo geometrico e costruttivismo.

“Ciro Pica. La geometria, la forma” è la mostra personale dell’artista nato a Nocera Inferiore nel 1925 e morto a Salerno nel 1999, che viene inaugurata oggi alle 18,30 e curata da Massimo Bignardi, in collaborazione con Erica De Maio. Una retrospettiva di quaranta opere, in prevalenza dipinti, provenienti da collezioni private sparse in Italia e dagli eredi, che consente di conoscere più a fondo il lavoro di Ciro Pica. Un artista, Pica, che a partire dalla seconda metà degli Anni Sessanta a pieno titolo si staglia nell’alveo dell’astrattismo italiano e arriva a toccare il neocostruttivismo imperante nel nostro Paese nella decade successiva. L’esposizione personale di Pica (aperta, fino al 15 gennaio 2017, dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 12.30, il lunedì e il giovedì anche dalle 16 alle 18.30; venerdì, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 21) è arricchita anche da un catalogo esaustivo, edito da Gutenberg Edizioni, con un’antologia di vari contributi critici da Umbro Apollonio a Virgilio Guidi, Filiberto Menna e Alberico Sala, solo per citarne alcuni, e un saggio dello stesso Bignardi.

Un percorso, quello dell’artista che approda a un’analisi in cui forme, geometria e piani si intersecano con l’utilizzo di materiali di provenienza industriale, dando un contributo al neocostruttivismo di cui esibirà una personale e originale lettura e interpretazione, con la «scelta di un registro cromatico che nelle composizioni realizzate tra il 1967 e il 1968 conserva tracce dell’oggetto traslato in pittura d’impronta vagamente deperiana, per poi lasciare il campo ad una geometria del piano» come scrive Bignardi. Pica dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti a Napoli e le prime esposizioni a Salerno viene invitato alla collettiva organizzata nel 1963 dalla galleria Il Camino di Roma “Sette artisti salernitani”, cui segue, nello stesso anno, l’invito alla IX Quadriennale di Roma.

È nel 1967 che si apre all’astrattismo geometrico e alla fine degli Anni Sessanta si trasferisce a Venezia dove seguiranno le sue prime personali; negli Anni Ottanta il ritorno a Vietri sul Mare e poi, successivamente, a Salerno dove morirà. Il percorso espositivo segue in qualche modo la domanda che Bignardi si fa ad apertura del catalogo, in cui le immagini segnano l’itinerario ideale del viaggio creativo, su quali siano state le sollecitazioni che abbiano portato l’artista a focalizzare la sua ricerca estetica verso la geometria, dalla fine degli Anni Cinquanta a quella degli Anni Novanta, proprio a Salerno dove invece le spinte artistiche muovevano apparentemente in tutt’altra direzione. Una geometria caratterizzata, tra l’altro, da una pura astrazione che esploderà nella radicalità delle “Composizioni” portate a termine nell’arco temporale tra il 1996 e il 1999, anno della sua morte.

Secondo la lettura storico-critica che ne fa Bignardi, l’opera di Pica trova riscontro nel fervore irripetibile che caratterizzò Salerno negli anni che vanno dal 1964 e al 1968, volendo assumere come indicative le aperture in città delle gallerie più significative; per chi guarda semplicemente i suoi lavori è in quel periodo che va consolidandosi il dialogo tra una geometria piana definita direttamente sulla tela e una geometria di solidi geometrici regolari che alludono allo spazio, quel dialogo che ancora Bignardi definisce la poetica di Pica e che da quel momento in poi accompagnerà la sua visione creativa.

Di qui la rivalutazione della parabola pittorica, e non solo, di Pica, in questa collocazione a pieno titolo nelle sperimentazioni di quegli anni.

Lucia D’Agostino

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