La villa di campagna sogno illuminista nello stile del ’500

Costruita oltre il torrente Fusandola dopo il ponte ora si trova in centro. Oscure le origini della famiglia

di ENZA SAMBROIA

Le aree più occidentali del territorio salernitano, che oltre il centro storico in prolungamento con la via Spinosa raggiungevano il confine col Comune di Vietri, erano occupate da un vasto fondo denominato “Madonna del Monte” dall’omonima chiesetta e risultavano nell'ultimo ottocento per la maggiore consistenza di proprietà delle famiglie Bottiglieri quella più prossima al centro, e Giacchetti quella più ad occidente, che si estendeva fino alle creste rocciose dei monti che dividono Salerno dal territorio di Cava de’ Tirreni.

Questa area risultava fino alla fine del Settecento completamente disabitata, dominata in sommità dal Convento di Sant’Isidoro collegato all’area urbanizzata da un percorso sacro che attraversava le aree dello Spirito Santo e della Madonna del Monte rimarcando l’antica via di pellegrinaggio verso la Badia cluniacense di Cava de’ Tirreni intitolata alla Santissima Trinità.

Ritengo plausibile l’edificazione della cappella “Madonna del Monte” nei primi anni del Cinquecento eretta per devozione popolare a seguito dell’avvenimento miracoloso della comparsa della Vergine nell’ultimo quarto del XV secolo, ad un pastore in una grotta del monte Falesio, che rinvigorì il culto mariano a Salerno e nelle aree costiere, mentre il toponimo Sant’Isidoro, si lega certamente al culto del santo spagnolo vissuto a cavallo dei secoli XI e XII, ma la cui canonizzazione, del quale fu zelante sostenitore Filippo II, unitamente ad altri santi (S.Ignazio de Loyola, San Francesco Saverio, S.Teresa del Bambino Gesù e san Filippo Neri) avvenne con papa Gregorio XV nel 1622. A partire dalla seconda metà del Seicento i culti di santi spagnoli (in tale periodo si attesta a Salerno anche la costruzione della Chiesetta di San Filippo Neri in zona Canalone alle pendici del monte Bonadies) si diffusero in Italia rapidamente e soprattutto nel sud dove il culto di Sant'Isidoro si accoppia a una serie di provvedimenti dei vicerè spagnoli a favore dell’agricoltura, a tal fine Sant’Isidoro, protettore degli agricoltori, veniva indicato ai contadini come modello perfetto a cui tendere per sopportare le fatiche che il duro lavoro dei campi comportava.

Nel corso dell’Ottocento l’area particolarmente panoramica e prossima al centro storico, ben servita dalla via della Spinosa, che superava con un ponte il fiume Fusandola e proseguiva nell’attuale via Monti, fu scelta dall’aristocrazia salernitana come sede per la realizzazione di Ville con giardino atte a combinare la funzione abitativa con quella ricreativa e produttiva, come nell'emblematico caso della villa del Barone Bottiglieri e delle sue pertinenze in Fondo Santo Spirito.

Se “il vivere in villa” ispirato alla scoperta degli scavi di Ercolano e Pompei, nel secondo Ottocento era diventato una moda, agli inizi del secolo per i Bottiglieri, i Caterina, i Clarizia e per gli aristocratici che possedevano palazzi nel centro storico quella di edificare la propria dimora oltre il centro abitato si configurava come una necessità!

Infatti, alla fine del Settecento l’incremento demografico aveva portato ad una saturazione degli spazi all’interno delle mura urbane sottraendolo alle aree libere a giardino. Salerno stretta nell’antica murazione era un continuum costruito addensato intorno a strutture viarie ancora di tipo medioevale, priva di impianti fognari e di illuminazione, oramai incompatibile con l'idea di città profilatasi nella cultura illuminista, e con i modelli di città razionale, dotata di infrastrutture, salubre e con rapporti proporzionati fra altezza dei fabbricati e sede stradale, fra area privata e area pubblica.

Delle origini della famiglia Bottiglieri non sappiamo molto se non della vicenda, verso la metà del Seicento, del matrimonio di Mattia Bottiglieri con Antonia della Calce appartenente a una potente e nobile famiglia salernitana con possedimenti in Salerno e in Castiglione dei Genovesi (qui esiste una cappella di proprietà Bottiglieri in tenuta denominata Casa della Calce affrescata nella seconda metà del quattrocento da Giovanni Luca). A Salerno la residenza dei Bottiglieri era in un palazzo con ingresso dal Largo Campo, con prospetti secondari sulle via Dogana Vecchia e Via Procida certamente edificato, su preesistenti proprietà dei Pinto, nel secondo Cinquecento come è desumibile dai caratteri stilistici: il portale con un caratteristico disegno sfrangiato delle bugne e il mascherone centrale di gusto manieristico. Proprio dal Matrimonio fra Mattia e Antonia nacquero due grandi esponenti della storia dell'arte campana, Matteo (1685-1757) e Felice Bottiglieri che nella prima metà del settecento si distinsero a Napoli e in provincia come scultori e architetti, nonché scenografi di apparati effimeri, segnalati da Bernardo De Dominici, come artisti formati nella bottega di Lorenzo Vaccaro, nello stesso periodo in cui vi lavora il figlio Domenico Antonio. Il gusto tardo-barocco dell'opera di Matteo si può ammirare nella certosa di San Martino, nel Cristo morto di Capua ma anche a Salerno nella chiesa della Santissima Annunziata; l'attività di raffinato intagliatore di Felice Bottiglieri influenzerà l’opera dell'allievo Sammartino, considerato il maggior esponente della scultura del settecento a Napoli. Benché non vi siano dati biografici per Felice che fu addirittura ingegnere di Camera Regia, sappiamo che egli è attivo almeno fino al 1775 come attesta un documento peritale che lui redige. Alcuni esponenti della famiglia Bottiglieri si distinsero per coraggio e impegno politico nei moti rivoluzionari cilentani del 1828 e poi del 1848, altri come giuristi e politici.

Nella seconda metà dell’Ottocento come è possibile rilevare da una perizia estimativa il Barone Ernesto Bottiglieri e altri sui familiari Giuseppe e Adelina Bottiglieri sono proprietari in Salerno del Vasto fondo del Santo Spirito in Via Monti confinante con le proprietà dei Caterina a oriente e dei Giacchetti a occidente e che risultava attraversato dalla “Strada ferrata del Mediterraneo” (il tratto Salerno-Vietri fu l’ultimo costruito-della tratta Napoli-Salerno e fu inaugurato nel 1866) che divideva il nucleo abitato creando una spaccatura fra l’edificato di tipo colonico a nord e la villa signorile più a sud. La proprietà era articolata in tre blocchi residenziali ben evidenti in una pianta della città all’inizio del Novecento. Due erano proprio a ridosso della linea ferrata collegati da due ponti in ferro. Più a sud vi era la villa a corte del Barone Ernesto Bottiglieri articolata su due piani serviti attraverso l'androne da una bella e comoda scala. Tutte le stanze erano coperte da volte a vela. Dal cortile interno si poteva accedere ai magazzini e ai locali di servizio del primo piano e anche al giardino posto alla stessa quota che tuttavia risultava sottoposto e separato dalla via Monti da un alto muro di cinta.

L’area a giardino aveva un’estensione di circa cinque are, al suo interno vi erano la peschiera, venti piante di agrumi, piante di nespole e fossi di viti. Più a nord oltre i ponti di attraversamento della gola ferroviaria vi erano la casa colonica composta pure di due livelli con sei vani per piano coperti da volte a vela. Alle spalle della casa colonica si apriva una rampa in pendenza che conduceva alla Proprietà degli altri familiari Bottiglieri. Il fondo Santo Spirito aveva un’estensione di 85 are e 66 centiare destinato in parte e oliveto e in parte a orto con terrazzamenti e piante di agrumi e viti. Vi si accedeva dalla via Madonna del Monte attraverso una stradina che divideva la proprietà Bottiglieri dalla proprietà Clarizia. Nella seconda metà dell’Ottocento l’area più a sud lungo la nuova Via Indipendenza fu occupata da un fabbricato per pigioni di eredi Bottiglieri (Felice e poi Girolamo) che si inserisce nella cortina del “Nuovo Rione” in prossimità dei palazzi Martusciello, Scaramella. Sul fabbricato ancora oggi campeggia una targa commemorativa che ricorda Girolamo Bottiglieri, avvocato e giurista che aveva nel fabbricato lo studio legale ove esercitava sin dal 1915 suo padre Felice.

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