LA VIA "REGIA"

La Salerno-Reggio? La costruirono i Borbone

Luca Esposito ha rinvenuto l’antico tracciato dell’autostrada che adesso viene percorsa a piedi da Vienna Cammarota

Che la Campania e il Salernitano siano zone a forte vocazione turistica è noto ma lo sono meno alcuni luoghi, piccoli centri che sono scrigni di storie e vicende preziose. Nello scoprirle un grande ruolo è giocato dalla viabilità, che è al centro del lungo lavoro di studio cartografico e sul campo condotto dall’architetto, storico della cartografia del Regno di Napoli, Luca Esposito che lo ha raccolto in un volume dal titolo “La Strada Regia delle Calabrie - Ricostruzione storico-cartografica dell’itinerario postale tra fine Settecento e inizio Ottocento. Da Napoli a Castrovillari”. Lungo questa strada, sono state rinvenute numerosi stazioni di posta e osterie che potrebbero diventare un itinerario turistico tra Campania e Calabria. In che modo? «Il libro ha un’impronta non soltanto tecnica ma è ricco anche di aneddoti e traccia un itinerario che l’Ambasciatrice dell’Archeo- Club d’Italia Vienna Cammarota ha iniziato a percorrere lo scorso 26 marzo. L’itinerario può rientrare nel trend del turismo lento che sta portando a riscoprire cammini antichi, come la Via Francigena o l’Appia Antica, per rivalutare i piccoli borghi che possono anche partecipare a progetti di riqualificazione inclusi nel Pnrr.

Ad esempio, ad Auletta e a Pertosa, verrà realizzato un centro polifunzionale in una ex-scuola molto vicina a un’antica stazione di posta, mentre a Castelluccio Inferiore sorgerà il Museo del viaggiatore», spiega Esposito che poi aggiunge: «In una contrada che si chiama Vignali tra Serre e Auletta, si può percorrere l’antico percorso romano della Via Popilia che costeggia un piccolo corso d’acqua e dopo un ponte in pietra presenta un caseggiato rurale che era la taverna di un certo Messer Giacomo, di cui parlano già alcuni documenti storici del XVI secolo». Ma non basta perché Esposito sottolinea come «Sicignano degli Alburni è un’altra tappa: fu punto di passaggio e luogo di sosta per i viaggiatori che si spostavano lungo l’arteria consolare che incrocia la stessa Via Regia e vi si trovavano numerose taverne e osterie. In questa stessa zona, nel tratto tra le frazioni di Scorzo e Zuppino, recenti studi archeologici hanno collocato la mansio “Nares Lucanae”, un sito archeologico, ubicato sotto il monte Alburno, ricco di grosse fonti d’acqua che vengono utilizzate oggi per l’irrigazione dei terreni circostanti ».

Serre, Postiglione, Sicignano degli Alburni, Petina, Auletta, Pertosa, Polla, Atena Lucana, Sala Consilina, Padula, Montesano, Casalbuono e poi io Comuni del Potentino Lagonegro, Rivello, Nemoli, Lauria, Castelluccio Superiore e Inferiore, Laino Borgo, Rotonda, fino a Morano Calabro e Castrovillari nel territorio di Cosenza sono l’itinerario ideale. «Anche dopo l’abitato di Zuppino il tracciato stradale borbonico coincide con esattezza all’attuale Statale. Si può poi arrivare alla Taverna dell’Olmo o Taverna dell’Urmo, un edificio su due livelli ben conservato, a cui è addossato un muro parzialmente diroccato con un portale ad arco in pietra. L’edificio sorge dove anticamente erano i confini tra Sicignano e Castelluccio. Gli appunti di storia locale rivelano che, proprio in questa struttura, abbia sostato Garibaldi», rivela Esposito. Da dove è nata l’idea di questa ricostruzione? L’architetto risponde: «Dal fatto che questa strada ha una storia millenaria, datata dal 132 a. C.

Più volte ristrutturata, l’ultima tra il Settecento e l’Ottocento, è stata, sin da subito, molto importante per collegare le zone dell’entro-terra, poi dimenticate con l’avvento dell’autostrada». Esposito inoltre nel percorrere quelle strade ha scoperto che «oltre ai luoghi, che vale la pena visitare, sono venuto a conoscenza di molti aneddoti e notizie, forse inedite dal punto di vista storico. A Pertosa vi è un ponte che è stata un’opera pionieristica, molto interessante dal punto di vista ingegneristico anche se costosissima. Pontecagnano invece sorge su un ponte sul fiume Picentino e deve il suo nome all’essere stata una stazione di sosta dove cambiavano i cavalli, da qui cambiare, tramutato poi nel dialettale “cagnare” e quindi “cagnano” e Pontecagnano. Quel ponte ha una bellissima fattura, essendo stato costruito con la tecnica “a schiena d’asino”».

Valentina Tafuri