La rivoluzione dell’unità e la scintilla della lettura

Questione meridionale, il caso Grecia e De Luca: Ermanno Rea si racconta

di DAVIDE SPERANZA

«Se l’Italia sarà capace di trovare un momento di grande tensione etica, tutto ne verrà investito in positivo». È un inno alla condivisione e alla costruzione del senso di “comunità”, la riflessione che lo scrittore Ermanno Rea, ospite a Salerno Letteratura, formula durante l’intervista al nostro quotidiano. L’autore di “La dismissione”, “Mistero Napoletano”, “Il caso Piegari”, l’anno scorso si è candidato alle Elezioni europee per L’Altra Europa con Tsipras nella Circoscrizione Italia meridionale.

Scrittura, informazione, attivismo e soprattutto la lettura salvifica. Ermanno Rea spiega perché l’Italia, se vuole avere peso nello scacchiere geopolitico mondiale, deve guardarsi come “una” e non come tanti frammenti divisi.

. Lei crede davvero nell’azione rivoluzionaria della lettura?

Una volta i libri facevano opinione. Il dissenso si fondava sui libri e sul teatro. La rivoluzione francese è stata in parte determinata dalla letteratura che l’ha preceduta. Tutta la letteratura ha esercitato sempre una forte posizione critica nei confronti del potere. Se passiamo alla rivoluzione russa, ancora peggio. Come si fa a dimenticarsi di Gogol’, Dostoevskij, Leskov. Il libro e i lettori di libri hanno un po’ fatto la storia.

È ancora così oggi?

Pare di no. Sono stati scritti libri sulla capacità della televisione di manipolare le coscienze. C’è chi conduce un pessimismo più radicale e dice che ormai il libro non ha più capacità di corrodere il potere. Mi piace dire invece, e ne sono convinto, che saranno i libri a salvare il mondo, come afferma Adele, la protagonista del mio libro “Il sorriso di don Giovanni”. Tuttavia i libri senza i lettori non sono niente. Se un libro non diventa un qualcosa di commestibile per l’insieme della comunità, allora non è niente. La forza di un libro è nella capacità dei lettori di socializzarlo. Lo diceva anche Sartre.

Nel 2014, si è candidato alle Europee a favore di Tsipras. La Grecia fa da ago della bilancia nel quadro politico-continentale?

L’operazione Tsipras è importante e vitale. Spero si riesca a trovare una forma di accordo. Può essere la scintilla per una revisione dell’Europa, che si configura oggi come l’Europa degli egoismi. La trattativa con la Grecia dimostra che conta sempre il danaro. Ancora più drammatica è la vicenda dei migranti. L’Europa non è capace di un gesto di vera solidarietà, non riesce a mobilitarsi, sa solo dire di no a questo evento terribile che è l’emigrazione di massa di gente che patisce fame, miseria, guerre, discriminazioni.

Esiste ancora una Questione Meridionale?

Mi basti dire che è da sempre una piaga terribile. Oggi è stata messa nel cestino. Nel mio ultimo libro, “Il Caso Piegari”, affronto questo tema. La mia opinione è che l’Italia non avrà pace fin quando non riuscirà a realizzare una vera unità nazionale. Oggi è più che mia spaccata in due, tre, cinquanta. Questa disunione ha prodotto lacerazioni di tipo anche psicologico. A questo proposito, il gruppo Gramsci criticava l’amendolismo che tendeva a creare un blocco di forze del Sud dando una fisionomia localistica al problema. Bisognava invece tenere la questione meridionale come questione nazionale. Poi sono arrivate le regioni. L’istituto degli studi filosofici di Napoli creato da Marotta fu contro la loro istituzione. Marotta infatti aveva timore che l’idea di stato nazionale diventasse una prospettiva lontana ed è quello che è successo. Le regioni sono diventate delle piaghe e dei centri dove si sono consumate energie economiche.

Il fallimento della sinistra e del comunismo, c’entra con il fallimento della disunità italiana?

Diciamo che questo tema dovrebbe essere dentro il programma di una nuova sinistra. Una sinistra che abbia l’aspirazione a fare dell’Italia un paese unito, dove scompaiono le diffidenze psicologiche, i pregiudizi che ci opprimono.

Cosa ne pensa del modello “Salerno” traslato a Napoli?

So che la città di Salerno è cambiata profondamente con un’operazione di recupero molto forte. Opera dell’ex sindaco Vincenzo De Luca? Mi si dice questo. Se debbo essere sincero De Luca non mi è molto simpatico, i suoi modi non sono i miei. Ma sospendo ogni giudizio in attesa di vedere, oltre Salerno, cosa sarà capace di fare. Se arriva a Napoli e fa un miracolo altrettanto importante, allora rivedo le mie opinioni. D’altronde quando fu candidato De Magistris a sindaco di Napoli, mi spesi in termini entusiastici e poi ho rivisto la mia opinione. Adesso forse con De Luca sarà il contrario.

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