La Napoli bella e dannata raccontata dagli scrittori

Da Striano, Pontano e Vico fino ad Alfonso Gatto, visti da Francesco D’Episcopo

di PAOLO ROMANO

Oltre. quarant’anni di studi sulla Letteratura del Sud per il professore Francesco D’Episcopo, con due particolari baricentri: Salerno e Napoli. E se la “Salerno letteraria” è stata approfondita nel primo volume, ora un altro libro approfondisce “La Napoli letteraria” di Francesco D’Episcopo (Graus Edizioni, pagg. 168 - euro 12). Il volume - la cui prima edizione è quasi esaurita - è stato curato dalla studiosa di italianistica Maria Gargotta ed è già un importante riferimento bibliografico per quanti intendono approfondire gli autori del nostro Sud. «Nel libro – spiega la curatrice – si parla di tanti scrittori napoletani, ma anche di quelli che non lo sono, ma che con Napoli hanno avuto un rapporto importante, come D’Annunzio e il salernitano Alfonso Gatto». Di quest’ultimo, ricorda D’Episcopo, «non possiamo dimenticare un’opera fondamentale, uno dei libri più importanti su Napoli che si chiama “Napoli N.N.”, in cui Alfonso Gatto ci regala pagine di prosa poetica di straordinaria intensità, un testo che non passa mai di attualità e che è un vero e proprio affresco delle nostre genti del Sud, proposto in una bella edizione dalla casa editrice salernitana Ripostes». «Opera che – scrive D’Episcopo – ciascun napoletano e meridionale dovrebbe tenere sul comodino delle proprie sere e dei propri mattini, al tramonto e all’alba di una vita, che si offre ad essere suggellata e scoperta da occhi che chiudono e aprono orizzonti di memoria e di storia». D’Episcopo - che di recente si è congedato dall’Università Federico II di Napoli dove ha insegnato Letteratura italiana - ha affrontato con testi critici anche altri autori napoletani trascurati o dimenticati, a cominciare da Giovanni Pontano, per passare a Francesco Mastriani, celebre nell’Ottocento per i suoi romanzi d’appendice ma povero in canna. Nonostante il successo letterario, Mastriani non riuscì mai a sollevarsi da condizioni di precarietà economica, e il suo ritmo quasi frenetico di produzione fu motivato non solo da ragioni di mercato, per le pressanti richieste del pubblico e degli editori, ma anche dalle costanti difficoltà finanziarie. D’Episcopo si è soffermato largamente anche su un autore come Enzo Striano, il professore che in “Il resto di niente”, realizzò uno straordinario affresco della vita di Eleonora de Fonseca Pimentel sullo sfondo della rivoluzione napoletana del 1799. Un romanzo recuperato anni fa dall’oblio grazie agli editori Avagliano di Cava de’ Tirreni e poi diventato anche un film. Nella “scuderia” di studi di D’Episcopo ci sono poi le figure di Francesco ed Elio Bruno.

Il primo è stato un importante giornalista del Novecento che ha operato molto come critico letterario, scrivendo per le maggiori riviste di settore. Elio Bruno, invece, è stato critico letterario, saggista e conferenziere. A loro è dedicato anche l’omonimo premio di giornalismo che si svolge ogni anno ad Ascea, organizzato dal centro studi “Maria Franciulli Battagliese” dell’associazione “Parco del Cilento”. Nel libro si parla anche di Pulcinella: «Io metto in discussione la tesi del Croce circa l’origine seicentesca della maschera napoletana – spiega D’Episcopo – risalendo ad un dialogo di Giovanni Pontano, potrebbe essere invece retrodatata al Cinquecento».

Tra Napoli, capitale di un vasto regno culturale, e Salerno, la critica del professore della Federico II prende poi in esame la figura di Giambattista Vico, l’insigne giurista partenopeo che sul finire del Seicento, svolse attività di precettore dei figli del marchese Domenico Rocca presso il castello di Vatolla (oggi frazione del Comune di Perdifumo) nel Cilento e qui, usufruendo della grande biblioteca padronale, ebbe modo di studiare Platone e il platonismo italiano (Ficino, Pico, Patrizi). Insomma l’opera di D’Episcopo, ruota intorno a quei letterati troppo spesso sacrificati nelle antologie con poche pagine dei loro scritti. «Nell’intento e nel desiderio di offrire di Napoli, di cui il nostro critico si sente parte verace, nonostante la nascita molisana, una rappresentazione non oleografica – scrive la curatrice del volume Margotta – ma vera e viva nella sua sorprendente imprevedibilità, il D’Episcopo si è appassionatamente immerso nelle pagine vive di grandi napoletani, più o meno conosciuti, per trarne fuori l’essenza contraddittoria e sfuggente della città». Una città dall’anima plurale, una piovra culturale i cui tentacoli si estendono fino a Salerno ed a tutto il Sud.

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