La maledizione di Pompei

Clamoroso furto di una borchia. Ma chi ruba, restituisce per evitare disgrazie

Furto alla mostra “Pompei e i greci” allestita, il mese scorso, nella palestra grande degli scavi di Pompei. Ignoti hanno asportato un fregio per porta risalente al VI secolo A.C., che era in esposizione su un piedistallo di legno protetto, solo davanti, da una lastra di plexiglass. Si tratta di una borchia metallica di 12 centimetri di diametro, usata per abbellire la cornice di un uscio. Il furto, data anche la facilità con cui poteva essere compiuto, è avvenuto durante gli orari di apertura al pubblico. A scoprire il colpo, i custodi alla riapertura dell’allestimento. “Pompei e i greci” è una mostra curata dal direttore generale della Soprintendenza, Massimo Osanna, insieme a Carlo Rescigno, ed è promossa dalla Soprintendenza di Pompei con l’organizzazione di Electa; si tratta di oltre 600 reperti tra ceramiche, ornamenti, armi, sculture ed elementi architettonici provenienti dai principali musei nazionali ed europei, divisi in 13 sezioni tematiche.
La nota della Sovrintendenza. Il valore assicurativo della borchia rubata è di 300 euro. «La borchia era, come le altre tre, avvitata sul pannello espositivo e coperta da lastra trasparente di protezione - ha spiegato il direttore generale Massimo Osanna - pertanto la rimozione del pezzo deve aver richiesto un tempo necessario per sfuggire ai controlli. L’edificio, inoltre, è di giorno presidiato da personale Ales e di notte sottoposto a videosorveglianza, oltre ad essere dotato di sistema di allarme. Oltre al gesto che ferisce il sito di Pompei e il patrimonio culturale italiano, pur trattandosi di un pezzo di valore non inestimabile, mi colpisce anche da un punto di vista personale trattandosi di un’area nella quale avevo condotto direttamente lo scavo». La mostra è attualmente chiusa al pubblico per consentire le indagini e le analisi della scientifica.
La maledizione. Rubati e restituiti. È la sorte di tanti pezzi sottratti dagli scavi di Pompei da centinaia di turisti negli scavi, dagli anni ’60 in poi. Una tradizione basata su una leggendaria e molto “moderna maledizione degli scavi” che ha portato persino, nel dicembre 2016, il direttore generale della Soprintendenza autonoma, Massimo Osanna, a ipotizzare una mostra dal titolo «Quello che mi porto via da Pompei», progetto frutto di una sua riflessione sulle decine di plichi che costantemente arrivavano negli uffici della Soprintendenza da tutto il mondo, con lettere a corredo di oggetti resi.
Di certo, c’è chi, come un turista spagnolo che aveva trafugato un pezzo di intonaco decorato, ha restituito il bottino mettendo nero su bianco che a quel furto compiuto in una gita culturale legava disavventure e disgrazie patite dalla sua famiglia. Ma molto più di frequente sono le persone che si vogliono mettere la coscienza a posto, come una signora inglese che nel 2015 inviò un pezzo di mosaico rubato negli anni ’70 dai suoi genitori, per ridare indietro questo materiale «non di pregio», sottolineava nel 2015 lo stesso Osanna. «Vi restituisco quanto prelevai indebitamente nel 1983 e che mi ha portato solo disgrazie. Ora mi sento libera»: queste le parole che si leggono in un’altra lettera anonima. Sassi, frammenti di intonaci a volte nemmeno colorati, monete in qualche raro caso e persino pietruzze che potrebbero essere contemporanee. Di certo, i turisti ’pizzicati’ con souvenir originali nello zaino scontano una maledizione meno oscura, quella dei controlli, a dispetto di qualche cronista che pure ha realizzato reportage per dimostrare la facilità d’asporto di pezzi dall’enorme area archeologica.
È il caso di quanto avvenne il 4 agosto del 2014 a un francese scoperto mentre si impossessava di frammenti di marmo e di intonaco dipinto o dell’italiano che di sera stava portando via frammenti di una brocca, il 21 dicembre dello stesso anno.
Nell’agosto 2015 un 16enne olandese venne sorpreso in possesso di pezzi di tegole e frammenti di anfore. Quattro fratelli francesi in crociera furono inoltre denunciati perchè avevano negli zaini pezzi di malta di 2-3 centimetri. Lo scorso anno poi furono pizzicati un turista americano che aveva preso una tessera di marmo di un mosaico della domus del Porticato e due olandesi che avevano asportato pietre dipinte dalla domus della Venere in bikini.