LO SCRITTORE A ROCCAPIEMONTE

La lezione di Ginzburg per i più giovani nel libro di Scurati

di DAVIDE SPERANZA «Desidero che al mio disinteressato insegnamento non siano poste condizioni se non tecniche o scientifiche. Non intendo perciò prestare giuramento». Quando Leone Ginzburg, in...

di DAVIDE SPERANZA

«Desidero che al mio disinteressato insegnamento non siano poste condizioni se non tecniche o scientifiche. Non intendo perciò prestare giuramento». Quando Leone Ginzburg, in qualità di docente, rifiutò di aderire al partito fascista, sapeva a cosa stava andando incontro, eppure non esitò un attimo nel segnare per sempre il proprio futuro. Il nuovo romanzo di Antonio Scurati, “Il tempo migliore della nostra vita”, edito da Bompiani, inizia proprio da quell’8 gennaio 1934, quando il giovane intellettuale mise un punto fermo contro il delirio storico che imperversava in Italia. Il volume di Scurati verrà presentato questo pomeriggio alle ore 18.30 a Roccapiemonte presso Palazzo Marciani, con l’organizzazione delle associazioni culturali Fedora e Rosa Aliberti insieme a Luca Badiali, moderato dalla giornalista Aurora Torre, con la partecipazione di Aurelio Musi, giornalista e riferimento nazionale per gli studi di storia contemporanea e Mario Pagano presidente di Rosa Aliberti.

Perché scegliere la figura di Leone Ginzburg?

Perché Ginzburg fu un eroe della Resistenza civile, un uomo che durante tutta la sua vita non abbandonò mai la sua posizione di combattimento antifascista ma senza mai imbracciare un’arma. E perché è un esempio, purtroppo raro di intellettuale per il quale la cultura fu anche fonte di moralità e rigore etico. Maestra di vita.

E’ necessario, oggi, scrivere di quel periodo storico?

Non è necessario ma è in dispensabile. La nostra epoca, privilegiata sotto molti altri aspetti, è afflitta da “presentismo”, la condanna a vivere solo nel tempo presente e a misurare ogni cosa sul metro corto della cronaca. Abbiamo in realtà tutti un grande bisogno, spirituale, di entrare in risonanza con un altro tempo, un tempo più vasto, che si declina anche al passato e al futuro.

Quanto peso hanno, personaggi come Ginzburg, nell'attuale immaginario culturale italiano?

Poco o pochissimo. Il sistema culturale che loro fondarono non esiste più, oramai travolto dalla marcia della storia. Ma io ho rievocato la sua figura proprio perché consapevole dell'oblio in cui è caduta. La mia intenzione era di raccontare Ginzburg e il suo mondo ai miei studenti, che non lo hanno mai nemmeno sentito nominare.

E' un libro sulla resistenza o della resistenza?

È un libro sulla Resistenza, quella di Ginzburg e di pochi altri come lui, con la maiuscola, e sulle resistenze, con la minuscola, quelle dei miei nonni e di milioni di altri individui comuni e anonimi che, come loro, sotto la dittatura e le bombe dovettero lottare anche solo per rimanere in vita.

Quale è stata la parte del libro che l'ha emozionata di più, mentre la scriveva?

La parte in cui rievoco quando da bambino mia nonna Ida mi portava con sé a fare la spesa al mercato dei vergini a Napoli e la parte in cui rievoco la sua fine, allorché da ragazzo mi costrinsero a salutarla sul letto di morte.

Sul fare scelte drastiche cosa direbbe oggi alle nuove generazioni?

La difficoltà per le nuove generazioni consiste proprio nell'assenza di situazioni che obblighino a “scelte drastiche”. Il conflitto si è rammollito, liquefatto e disseminato. Il difficile è “tenere la posizione” nello stillicidio quotidiano. Dalle nostre parti non mancano gli uomini sulle barricate, mancano le barricate.

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