IL LIBRO

La giustizia a Salerno ai tempi dei Longobardi

Indelli nel suo ultimo lavoro racconta la storia e l’evoluzione dell’ordinamento giuridico nel principato tra il VI e l’XI secolo

La storia e l’evoluzione dell’ordinamento giuridico dei principati longobardi del Mezzogiorno d’Italia (Benevento, Salerno e Capua), tra il VI e l’XI secolo. È il tema che Tommaso Indelli, ricercatore di Storia Medievale presso l’Università degli Studi di Salerno, affronta nel suo ultimo lavoro dal titolo “La Giustizia nella Langobardia meridionale tra norma e prassi”. Nelle 260 pagine di cui è composto il volume, prefazione di Claudio Azzara - edito dalla Fondazione Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo di Spoleto e dal Centro Studi Longobardi di Milano, Indelli analizza e ricostruisce l’organizzazione del sistema giudiziario della Longobardia minore, cercando di individuare quali fossero, in concreto, non solo le modalità di amministrazione della giustizia, ma anche gli organi preposti a tale funzione, la loro struttura interna, l’esistenza di eventuali sfere di competenza - per materia e territorio - e, infine, l’eventuale gerarchia tra gli stessi. Il testo propone anche l’esame di diversi casi giudiziari riportati - frutto di un duro lavoro d’archivio - che dimostrano come, nell’esperienza giuridica longobarda e, in generale, altomedievale, quel che contava, alla fine, era «f acere iustitiam , più che i mezzi particolari o i tecnicismi formali con cui l’obiettivo era conseguito», tiene a sottolineare Indelli. Pertanto, i “giudici” longobardi -principe in testa - , godevano di un largo margine di discrezionalità nella decisione dei singoli casi e avevano a disposizione moltissimi strumenti di risoluzione delle controversie private e di repressione degli illeciti come la legge scritta - cioè l’Editto di re Rotari (VII secolo) - , la consuetudine, l’equità e la consuetudine, cioè la norma non scritta, ma applicata nella prassi sociale.

«Inoltre, i giudici facevano largo uso della convenientia , cioè della transazione giudiziale, con cui le parti arrivavano, con la mediazione dell’autorità giudiziaria, a una soluzione concordata delle loro vertenze giuridiche. - sottolinea ancora Indelli - Benché la discrezionalità dei giudici longobardi risulti impensabile nell’odierno “stato di diritto” tuttavia, in un mondo come quello dell’Alto Medioevo, dominato dal particolarismo di poteri, dalla debolezza dello stato, dalla violenza dei potentes , dove tra le fonti normative non esisteva una rigida gerarchia e l’applicazione del diritto era influenzata - continua da fattori contingenti di tempo, luogo, persino appartenenza sociale, forme diversificate di applicazione della giustizia risultavano pienamente comprensibili e normali e, pertanto, non possono essere concepite come “deviazioni” giuridiche, attraverso antistorici paragoni con l’attualità», conclude l’autore del testo. Il salernitano Tommaso Indelli è assegnista di Ricerca in Storia Medievale presso l’Università degli Studi di Salerno e ha conseguito, a Pavia, il dottorato di Ricerca in Diritto Romano e Cultura Giuridica Europea (XVIII ciclo). Ed è tra i maggiori esperti di Storia del Mezzogiorno medievale, longobardo e normanno (VI-XII sec.).