L’uomo delle bolle di sapone

Sembra il mangiafuoco del circo, incute timore ma alla fine conquista i bambini

Oggi a Roma è un giorno di strana luce. Luce intermittente. Sole che viene e che va. È un giorno di lavoro, nell’ora di punta. A piazza Mazzini la gente cammina veloce, non ci sono molti turisti in questa zona. Ti scopri incantata a camminare in questa parte della città fatta di viali alberati, condomini tranquilli e graziosi bar dove fermarsi per il pranzo. È un giorno di una fredda primavera in cui decidi di tornare alla stazione a piedi, anche se sei lontanissima. Il navigatore non funziona. Non ti disperi. Il tuo naso ha sempre funzionato meglio. Non ti perdi mai. Sai che sei dall’altra parte del Tevere e sai che vuoi camminare, e cercare. Luoghi, facce, odori, colori. Cammini senza meta, cercando il Tevere. Cerchi un ponte, perché è il passaggio. Cammini, gli occhi persi nel verde degli alberi, e cerchi.
Trovi il ponte, dopo una grande strada larga. Sei sul Tevere. Il fiume è quasi fermo, la sua acqua scorre lenta. L’acqua. Ti fermi a guardarla, ti affascina sempre. Te ne nutri spesso, sia essa di fiume o di mare. Stai leggendo un libro fantastico, da qualche giorno, con un’altra città tra le sue righe, e quella storia ce l’hai negli occhi. Ti sembra di vedere i suoi personaggi lungo il fiume. Osservi l’effetto della luce riflessa sull’acqua. La luce del sole, a contatto con l’acqua, ha uno strano colore, unico, che non riesci a decifrare. La storia che stai leggendo prende ancora il sopravvento: vedi strane creature, scure, provenienti dal centro della terra, camminare lungo quell’acqua. Appartengono ad un’altra città. Perché le vedi lì non lo sai. È impressionante.
Certe storie ti coinvolgono totalmente e ti restano negli occhi anche quando stai facendo altro. Sono avventure fantastiche che destano stupore, sorpresa, meraviglia. Resti sul ponte. Osservi. Una di queste figure ti colpisce particolarmente: un uomo, alto, con le spalle larghe, senza capelli. Indossa pantaloni neri di pelle e una canotta nera. Sembra un mangiafuoco del circo, proprio uno di quelli che si vedono nei film. Ha uno strano oggetto in mano. Da lontano non lo distingui, potrebbe essere un’arma.
Lo mette in un grosso zaino nero e si avvia. Lo segui con lo sguardo. Ti spaventi. Cosa ha messo nello zaino? E se fosse un attentatore? Hai paura ma, come sempre in queste situazioni, non rifletti e ti incammini velocemente per seguirlo. Risale le scale laterali ed è sulla strada. Cammina veloce la attraversa di colpo. Inconsciamente fai lo stesso, rischiando di finire investita. Urla di automobilisti adirati ti arrivano addosso, inesorabili. Continui a seguirlo. Sei abbastanza vicino adesso, sempre alle sue spalle. Noti che è pieno di tatuaggi sulle braccia.
Strano, non appartengono alla storia che stai leggendo. Odi i tatuaggi, ti spaventano. Li consideri segni tribali adatti a culture che non ci appartengono. Non giudichi chi se li fa, ma ti spaventano. Sono segni che ti catalogano in una specie riconoscibile, all’interno del genere umano. Chi porta un tatuaggio per te non è originale, ma riconoscibile. Essere riconoscibile ti spaventa. Vuoi camminare, in cerca d’acqua da vedere, in ogni luogo in cui vai senza essere notata. L’acqua da vedere ti bagna senza toccarti, la senti senza averla addosso, la bevi senza avere sete. Dell’acqua da vedere hai bisogno per sopravvivere. Per andare in cerca d’acqua da vedere non vuoi essere riconoscibile, nessuno deve notarti di modo che i tuoi occhi possano prenderla tutta. Continui a seguire il grosso uomo calvo e tatuato.
Hai paura, credi davvero che quello strano oggetto infilato nello zaino possa essere un’arma, o forse hai solo visto troppi film d’azione. L’uomo si avvia verso Piazza del Popolo. Via del Corso è sbarrata dai militari. La città prova a difendersi dal terrore. Arriva vicino alla fontana e si ferma. Poggia in terra il grande zaino e lo apre. Sudi, sempre di più. Tira fuori una bacinella gialla, abbastanza grande. Non capisci. Va alla fontana e la riempie d’acqua. Mette di nuovo le mani nello zaino e tira fuori lo strano oggetto che avevi visto prima sul fiume. Sono due bacchette di legno unite da fili di spago, legati tra loro a formare una rete con fori circolari di diverse dimensioni. Resti senza parole. Che arma potrebbe essere? La piazza è piena di gente, tanti bambini. L’uomo prende una bottiglia e ne versa il liquido nella bacinella con l’acqua. E continui a sudare. Lui prende la bacinella e si avvia al centro della piazza. Si ferma, la poggia in terra, immerge la rete nell’acqua e fa un fischio stranissimo. All’improvviso, una massa di bambini di ogni età arriva veloce, come se lo stesse aspettando, e forma un cerchio con lui al centro. Alza la rete dall’acqua, attaccata alle due bacchette, e comincia a girare velocemente mantenendo in alto le braccia. Come per magia, il vento provocato dal girare su se stesso fa staccare dalla rete una nube colorata. Uno spettacolo di colori e luce. Nessuna arma, quindi, nessun pericolo, solo bolle di sapone.