L’isola che non c’è Il grande evento nel Canale di Sicilia

Nella notte tra il 10 e l’11 luglio 1831 nasce un luogo al centro di una clamorosa disputa internazionale

di ALESSIO DE DOMINICIS

Napoletani e siciliani sono da millenni avvezzi a convivere con vulcani, Campi Flegrei e terremoti. Questa consegna del fuoco ha prodotto nel tempo storico fenomeni che ancora si ripetono o ne conservano le tracce, terribili e inquietanti come il bradisismo di Pozzuoli, la nascita del Monte Nuovo nel 1538, la lunga corona di eruzioni e terremoti. Ma un evento tellurico mai osservato e descritto prima si produsse nella notte fra il 10 e l’11 luglio 1831 nel Canale di Sicilia, tra la costa di Sciacca e l’isola di Pantelleria: la nascita di una nuova isola, preannunciata da settimane di travaglio, con fortissime scosse sismiche avvertite sino a Palermo. Quest’isola nuova di zecca, in quel tratto di mare strategico per la navigazione, sarà oggetto, come vedremo, di una contesa internazionale tra le potenze europee per rivendicarne il possesso, però a noi che abbiamo eletto la patria dei libri interessa principalmente occuparci di un volume pubblicato a botta calda, un instant- book si direbbe, ed è la “Descrizione dell’isola Ferdinandea nel mezzogiorno della Sicilia”, Napoli, Reale Officina Topografica, 1831, di Benedetto Marzolla (Brindisi 1801 - Napoli 1858). Il libro, in formato oblungo, dopo quattro pagine di testo descrittivo redatto dal Marzolla (che si firma “impiegato nel Reale Officio Topografico”), riporta i rilievi effettuati in quell’estate 1831 e la riproduzione in sette tavole litografiche di pianta e profili dell’isola sorta dal mare, annessa al Regno delle Due Sicilie con Regio Decreto del 17 agosto e battezzata in onore del sovrano “Isola Ferdinandea”. L’autore del prezioso documento fu tra i maggiori cartografi napoletani ed europei operanti nella prima metà dell’Ottocento (suo è il noto “Atlante corografico, storico e statistico del Regno delle Due Sicilie” in 23 tavole, edito presso la Reale Litografia Militare con tre edizioni tra il 1832 e il 1854), che inizia la sua intensa carriera (con la qualifica di litografo-disegnatore) nel 1823 presso il Reale Officio Topografico e vi rimane come cartografo ufficiale fino al 1858, anno della sua morte, producendo lavori di grande originalità, combinazione di testo e immagini, come la “Carta dei Prodotti alimentari delle provincie continentali del Regno delle Due Sicilie” (1856) e la “Carta della circoscrizione ecclesiastica nel Regno delle Due Sicilie” (1857); ma la sua opera maggiore rimane l’Atlante Geografico in 41 carte che, nel corso di tredici anni di redazioni e revisioni (1840- 1852 ), diviene il più completo e aggiornato atlante universale italiano dell’800. Il lavoro cartografico e descrittivo di Marzolla sull’Isola Ferdinandea, partorita dalle viscere della terra, merita il titolo di prima opera a stampa che ne illustri la forma fisica, primato condiviso con lo studio di Carlo Gemmellaro (1787-1866), professore di geologia e mineralogia nell’Università di Catania, il quale pubblicò la sua “Relazione dei fenomeni del nuovo vulcano sorto dal mare fra la costa di Sicilia e l'isola di Pantelleria nel mese di luglio 1831”(Catania , 1831), con due tavole (litografo Minasi) su disegno dal vero dell’autore. Rispetto al testo di Gemmellaro la breve descrizione di Marzolla si distingue per minori dettagli geo-morfologici, ma è improntata a un maggiore carattere divulgativo e narrativo, specie quando rileva e rappresenta nelle tavole IV e VII i tentativi (vani come vedremo) delle spedizioni dei vari governi europei di piantare la propria bandiera sul suolo friabile e ancora fumante di quell’effimero territorio, quattro chilometri e mezzo di perimetro e poco meno di settanta metri di altezza sul livello del mare: “.. In queste due ultime vedute si vedono marcati i punti ove sonosi trovate delle tavole di circa 3 palmi per due, poste verticalmente, ed inchiodate ognuna su due pali ben piantati nella sabbia sul fianco settentrionale del monte.

Sulla tavola più in alto era scritto che il brich austríaco “l’Ussero” avea visitata l’isola, e vi era marcato il nome del Comandante, la data della visita, ed a' piedi vi si trovò una bottiglia suggellata, che fu presa dal Principe di Butera il quale vi salì il primo, e che non ha voluto ancora dissuggellarla per conoscere ciocchè contiene. Sulla tavola piantata più a basso è detto che l’isola fu visitata da’ due accademici Francesi Jonville e Constant Prevot, i quali le hanno imposto il nome di Isola Giulia. Vi sono marcati anche i nomi del legno e del comandante, come pure l’epoca della visita”. (pag.4 ). Anche il governo britannico aveva mire di possesso sull’isola e la “Gazzetta di Malta” del 10 agosto 1831 riporta notizia che il capitano Sanhouse, comandante del cutter “Hind” il 2 agosto era sbarcato sulla isola piantandovi la bandiera inglese. Cinque giorni dopo un altro inglese fitta una barca a Sciacca con lo stesso scopo e due suoi connazionali, dotati - “of course” – della prammatica flemma, fanno colazione su quelle sabbie flagranti. Di fronte a tanto interessato turismo Ferdinando II non perde altro tempo, emanando il decreto di annessione anzidetto del 17 agosto. Ma l’isola che non c’era ha in serbo un’altra sorpresa, e facendo marameo a tutti i pretendenti, nel giro di pochi mesi, se ne torna sott’acqua. La poca consistenza di quella terra novella era stata peraltro osservata da Marzolla che scrive “... Per poco che il mare sia agitato, le onde coprono la pianura di sabbia, ch'essendo bagnata divien dura, e comoda a camminarvi sopra. Però il mare colle sue agitazioni si porta via una parte di detta pianura, e finirà col distruggerla affatto. Restato cosi il monte esposto alla furia del mare direttamente, attesa la leggerezza e friabilità de’ suoi componenti non potrà resistere all’urto de’ flutti, e probabilmente tra pochi mesi l’isola più non esisterà” (pag. 3). Sul finire di quell’anno 1831, quando esce dai torchi il libro di Marzolla, la terra di nessuno – la cui storia sembra uscita dalla penna di Jules Verne – era scomparsa. Però non è da credere che le dispute territoriali cessassero, e ancora oggi – dopo quasi due secoli – esperti di diritto internazionale, tromboni politici e nostalgici del Regno delle Due Sicilie e dell'Impero britannico sono pronti a esibire titoli di possesso sull'isola dai sette nomi (tanti gliene attribuirono: Sciacca, Nerita, Corrao, Hotham, Julie, Graham, Ferdinandea), specie se questa dovesse di nuovo fare capolino sulle acque del Canale di Sicilia. Di fronte a tanta vanità ci auguriamo invece che Ferdinandea se ne resti sommersa, insieme ai tanti vulcani sottomarini del Tirreno e del Canale di Sicilia, chè ci bastano e avanzano quelli emersi.

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