CINEMA

L’Equilibrio, storia tra fede e camorra 

Arriva nelle sale il film di Vincenzo Marra: l’atto eroico di essere un prete

SALERNO . In programmazione nelle sale per il prossimo fine settimana è il nuovo film di Vincenzo Marra, L’Equilibrio. Presentato a Venezia 74, è uno dei film per i quali si è gridato al nuovo rinascimento del cinema napoletano. Un grido di giubilo che si è anche scontrato con la preoccupazione che il cinema italiano si identifichi troppo con quello campano. A Venezia il termine ricorrente è stato “gomorrismo”, per il degrado e la criminalità imperanti nei film campani, sia pure declinati nella forma dell’arte virtuale (Gomorra VR-we own the street) della satira grottesca (Ammore e Malavita) o dell’animazione (Gatta Cenerentola). L’Equilibrio, invece, sceglie l’impegno civile e la denuncia, racconta la criminalità e il degrado ma dal punto di vista di un prete eroe/antieroe. Ed è un dato positivo, visto che la cronaca e una certa cinematografia (da Il caso Spotlight a Il Sospetto a Il Club) hanno acceso i riflettori sulla pedofilia dei sacerdoti, gettando l’ombra del sospetto sull’abito talare con il rischio della generalizzazione. L’Equilibrio è, all’opposto, un film sull’atto eroico di essere prete, quando è missione di salvezza. Un tema a suo modo rivoluzionario e originale anche per la scelta del doppio punto di vista: quella del sacerdote che scende dal pulpito ed esercita la propria missione opponendosi alla criminalità e rischiando in prima persona, e quella dell’accettazione dello status quo, il senso comune, che considera la missione pastorale come sottomissione. Il film è tutto giocato sull’incontro scontro di questi due punti di vista e sulle conseguenze che queste scelte comportano, e oscilla continuamente tra queste opposizioni. Peccato, però, che il regista mantenga un equilibrio anche estetico confezionando un immagine più consona al piccolo che al grande schermo, e qualche concessione di troppo al luogo comune. Il rischio è di dare ragione a chi ha denunciato a Venezia non il “napolicentrismo”, un cinema italiano che parla solo napoletano, ma quel “gomorrismo”, sorta di sottogenere dell’impegno civile in salsa napoletana, tutto degrado e criminalità e ossequiente a quel “Moloch della Realtà”, di cui ha parlato Francesco Durante sul Mattino, ossia una forma di intellettualismo autoreferenziale dei registi napoletani, per cui la realtà è a senso unico ed è quello del best seller di Saviano.