L’amica geniale vicina a Napoli

Elena Ferrante dà un’immagine vera della città

di ROSARIA FORTUNA

L’a. mica geniale, l’ultimo libro in ordine temporale di Elena Ferrante è tra i libri più venduti del 2016. Un libro che all’estero è stato accolto con grande favore, anche perché restituisce di Napoli un’immagine più realistica e viva. Un’immagine lontana dalla stessa idea che gli italiani hanno e della città e della scrittrice, ma anche della scrittura come mestiere.

Quando a Napoli, uscì “L’amore molesto” libro, e poi film, c’era un tale scollamento tra la Ferrante, e quello che si produceva culturalmente in città, da essere inimmaginabile qualsiasi forma, e di presa di coscienza e di comprensione della realtà del fenomeno Ferrante. Adesso, malgrado siano passati gli anni, non sono aumentati il distacco, né la capacità di inglobare il corpo letterario della Ferrante nella tessitura culturale del Paese. Eppure la Ferrante ha cambiato il verso alla scrittura femminile.

Liala insegnò ad una generazione senza modelli culturali al femminile, cosa volesse dire essere donne, ma soprattutto dimostrò a tutte che scriveva di sé e per sé. Non a caso fu Gabriele D’Annunzio a darle questo nom de plume, dandole anche una maschera non di ferro, ma come filtro tra l’attività letteraria e la vita privata. E quindi in un certo senso anche essere Elena Ferrante, scrittrice di mestiere, ma donna privata, parte da lì.

Dopo di Liala c'è la Morante, che dà al corpo della Storia, quello delle donne, ma anche in questo caso la connotazione femminile dell’autrice resta inscindibile dalla sua opera.

Se qualcosa Elena Ferrante ci ha rivelato con le sue opere, non è la curiosità, morbosa, su chi sia davvero l’autore, ma cos’è il maschio, maschio di cui già si era occupato Vitaliano Brancati, mettendone in luce la componente femminea, componente che sarebbe diventata anche per Fellini tratto distintivo.

A Napoli, esiste un vero prototipo di maschio, che è molto più che metrosexual. Il femminile a Napoli è la matrice, e in quanto tale non definibile per genere. Il maschio napoletano vive alla ricerca di conferme. Esce per strada e “molesta”, con gli sguardi le donne per ottenere consenso, attenzioni. La sua è una molestia esistenziale utile ad accettare una femminilità spiccata. La Ferrante questo lo aveva tracciato, e chiunque cammini per le strade di Napoli, lo sa. Prima perché a Napoli l’accettazione della diversità è un fatto autentico, e poi perché da sempre i femminielli sono un terzo sesso, descritto da Giuseppe Patroni Griffi senza infingimenti.La complessità del maschio/femmina, e la sua inscindibile natura sono la vera rivoluzione della Ferrante.

La realtà culturale italiana non è cambiata, eppure la Ferrante ha continuato a scrivere, spostandosi ancora più in là. “La frantumaglia”, ad esempio, è la prova di un’attività intellettiva mai riconosciuta ad una donna che scrive.

Così visto che non sappiamo chi sia la Ferrante, anche se ci ha costretto a fare i conti con tantissimi stereotipi, noi per dispetto le facciamo guerra.

Negandoci la possibilità di poterci finalmente occupare di Letteratura, senza preoccuparci del genere e anche del corpo dell’autore, corpo che è diventato sempre più un problema del nostro tempo.

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