Isabella, la sposa bambina

Un matrimonio combinato si trasforma in una storia d’amore nella Salerno del 1500

di TINA CACCIAGLIA

Era da p. ochi anni iniziato il 1500 quando Bernardo Villamarina, conte di Capaccio e Grande Ammiraglio del Regno, era entrato nella sala grande del suo Palazzo, al suo fianco aveva un bambino. Un orfano, di qualche anno appena più piccolo della sua unica figlia: Isabella.

Da quel giorno il bambino sarebbe vissuto presso di lui e il conte ne avrebbe curato l’educazione. Il piccolo si chiamava Ferrante Sanseverino, era principe di Salerno e colui che Villamarino aveva già destinato con contratto a divenire il marito di sua figlia.

Isabella e Ferrante trascorsero gli anni della loro infanzia nella tranquillità di Capaccio, dedicandosi al gioco della palla, della corda e divertendosi a nascondersi tra le tante sale del Palazzo.

Era il 1516 quando Isabella di 13 anni e Ferrante di 9 anni furono uniti in matrimonio. Le nozze in così tenera età non cambiarono le loro giornate che continuarono a trascorrere tra gioco e studio. Un precettore aveva il compito di istruirli e i due ragazzi scoprirono presto in loro l’amore per la letteratura, la musica, la poesia, il teatro. S’ingegnavano spesso a scrivere testi teatrali che poi essi stessi mettevano in scena. Crebbero e un sentimento forte crebbe tra loro. E quella unione non scelta e non voluta si trasformò in un matrimonio d’amore. Morto il conte di Villamarina, Isabella ne ereditò i feudi di Puglia, Basilicata e Calabria che insieme all’immenso patrimonio di Ferrante fecero di loro una tra le coppie più ricche del regno. Possedevano tra l’altro degli splendidi palazzi sia a Napoli sia a Salerno. La loro fu una vita felice. Viaggiarono tanto e diedero sontuose feste nelle loro dimore. Ferrante amava sua moglie e le dedicava poesie e canzoni composte da lui. Ma questa che sembrava agli occhi di tutti una splendida fiaba ebbe la sua triste e nera pagina. Ferrante, quale principe di Salerno, dovè partire con i suoi armati per la guerra. Isabella tremava e attendeva con ansia il suo ritorno. Le preghiere della giovane sposa vennero esaudite e il marito tornò vincitore della conquista di Tunisi.

Il re Carlo V per omaggiare il valore del principe Sanseverino decise di venire a Salerno suo ospite. Isabella e Ferrante accolsero nel loro palazzo il sovrano e la sua corte e, non badando a spese, indirono feste, cene sontuose, balli, partite di caccia. Offrendo al re quanto di meglio Salerno e la sua terra potesse dare. Carlo V restò piacevolmente sopreso che il suo valoroso principe fosse al tempo stesso un ospite tanto attento. Ma soprattutto restò colpito dalla bellezza e dall’avvenenza di Isabella. Fu l’inizio della fine. La gloria per la conquista di Tunisi, l’amicizia del re, la potenza del nome dei Sanseverino fecero accendere negli animi invidie e gelosie, rancori e vendette. Pietro da Toledo, vicerè di Napoli, era un acerrimo nemico di Ferrante, preoccupato dell’ascesa del principe e della simpatia del re nei suoi confronti. Ne temeva il potere. Per fermarne il cammino lo accusò di eresia. Facendo leva sul fatto che il principe di Salerno si era apertamente opposto all’insediamento della Santa Inquisizione nel regno di Napoli. Ma ancora una volta Ferrante ne uscì vincitore, infatti riuscì nel suo intento e il popolo napoletano inneggiò al suo nome. Portando in trionfo colui che era riuscito a farsì che le torture e i roghi dell’Inquisizione non avrebbero avuto mai accesso al regno di Napoli.

Pietro da Toledo non gli potè perdonare questo nuovo successo e tanto tramò che riuscì a farlo proclamare traditore e ribelle. La condanna per Ferrante fu la morte, ma egli era a Venezia all’atto della sentenza, per cui venne bandito dal regno e ogni sua proprietà requisita. Isabella, invece, era al suo Palazzo di Salerno e vide arrivare i soldati del Vicerè. L’incarcerarono e la sottoposero a vari tormenti, rea di essere complice del marito. Si ritrovò povera, senza più nemmeno un tetto e senza più pane.

L’intento di Pietro da Toledo era che dei Sanseverino, traditori della corona, venisse dimenticato anche il nome. Perciò Isabella venne prelevata dal carcere e imbarcata su una nave che faceva rotta verso la Spagna. Le ci vollero anni di lacrime e di preghiere affinchè il re Carlo le concedesse di tornare a Salerno. Del marito tanto amato non ebbe mai notizie, se non da qualche viaggiatore la certezza che fosse ancora in vita.

Alla fine il re Carlo V le concesse l’imbarco su una nave diretta verso Napoli. Isabella era felice, ma la sua salute in quegli anni di tormento si era indebolita e ogni giorno in quel lungo viaggio in mare sentiva la stanchezza aumentare e un strano formicolio a tratti le prendeva al braccio e alla mano. L’ictus la colpì quando ancora la costa napoletana era distante, e spirò sola tra sconosciuti, lontana dalla sua terra e dall’amato Ferrante. Il suo corpo venne chiuso in un sacco e sepolto in mare. Ma contro ogni desiderio di Pietro da Toledo che dei Sanseverino si perdesse il ricordo e che di Ferrante e Isabella venissero dimenticati anche i nomi, il popolo non scordò, anzi per i secoli che seguirono in dei versi venne da tutti ricordata donna Sabella e la sua triste storia.

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