L'appuntamento

«Io, il greco e la scrittura Ecco il mio storytelling al tempo dei social»

Andrea Marcolongo è tra i docenti del primo workshop organizzato a partire da domani da Linea d’Ombra factory

SALERNO. Che senso ha scrivere se non si è capaci di raccontare la propria identità? Chiedetelo ad Andrea Marcolongo, diventata a 28 anni un caso letterario con il suo “La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco” (editori Laterza). Insieme a Natale De Gregorio sarà la protagonista del workshop (in programma da domani al 12, a Palazzo Genovese) promosso da Linea d’Ombra factory per reclutare nuovi creativi.
Quali sono le strategie più efficaci di comunicazione?
Bisognerebbe comunicare meno e meglio. Non possono esserci strategie senza contenuto. Io la definisco la tecnica del frigorifero: se all’interno non ci sono cibi per preparare buoni piatti, la tecnologia, da sola, serve a poco. Occorre un lavoro profondo, del tempo, perché il contenuto non è una bella foto sui social, ma deve rispondere all’identità delle persone o dei territori.
Ci faccia un esempio.
La Campania non può continuare a vivere di stereotipi come il mare o la bellezza dei monumenti. Bisogna fare i conti con tante altre cose e imparare a fare rete, puntando su ciò che il pubblico non sa.
Il suo storytelling al tempo dei social?
Parte da una base: vengono prima le persone e poi le storie. Così come è il pensiero che muove il linguaggio.
C’è poi una lingua che esprime in modo irripetibile un’idea di mondo, a cui lei ha dedicato un libro.
Devo ammettere che è nato tutto per caso. Davo ripetizioni di greco a un ragazzo che una volta mi chiese che senso avesse imparare i verbi a memoria. Solo dopo ho capito la bellezza di quell’interrogativo che nascondeva appunto la ricerca di un senso, più che di una utilità pratica. Gli scrissi una mail e da lì è nato il libro. Laterza ci ha creduto, puntando su una donna di 28 anni. Non era scontato, soprattutto in Italia, dove per uno strano jet lag la mia generazione è quasi considerata al pari dei quindicenni.
Ha girato l’Italia per incontrare i suoi lettori. Come ha fatto ad avere così successo un libro dedicato al greco?
Ho parlato con oltre centomila giovani da Gorizia a Messina e credo che la risposta sia che il greco, come mi piace dire, racconti la sintassi della contemporaneità e la diversità. Questo ci spinge a confrontarci con i nostri desideri, con il nostro personalissimo modo di vedere il tempo, che non è una pagina facebook, ma il risultato di quello che ci è accaduto.
E questo piace ai nativi digitali?
Le confesso. Pensavo di incontrare i figli del cellulare. Invece ho avuto a che fare con i figli della crisi.
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