La riflessione

Interessi privati dietro i roghi nel salernitano. Un’azione in perfetto stile mafioso

L’assalto ai boschi, alle colline ed alle montagne della provincia di Salerno, così come di altre parti d’Italia, continua, in maniera permanente e indisturbata, da giorni, senza pausa, senza tregua

L’assalto ai boschi, alle colline ed alle montagne della provincia di Salerno, così come di altre parti d’Italia, continua, in maniera permanente e indisturbata, da giorni, senza pausa, senza tregua, senza respiro. Ossigeno che si riduce, ettari di terreno che si perdono, vite animali e vegetali messe in pericolo o uccise sono alcune delle conseguenze immediate, per non parlare di quelle sul dissesto idrogeologico che presenteranno il conto con le piogge autunnali.
Siamo, ormai, ad una settimana piena di incendi che si moltiplicano lungo le ventiquattro ore, di mattina come di notte, appiccati con perizia, con la chiara volontà di distruggere, di bruciare. Non possiamo sapere se si tratta di un’unica organizzazione o di più mani che agiscono nella stessa direzione in maniera autonoma. Su questo dovrà intervenire la Magistratura con indagini appropriate. Ciò che si capisce è il carattere mafioso della distruzione che si sta apportando ad ampie parti del territorio provinciale, specialmente nel Cilento e nella Valle dell’Irno. Perché mafioso? Perché si sta determinando una distruzione di beni comuni per favorire interessi privati (da precisare nel dettaglio). Perché questa distruzione sta avvenendo con modalità oscure e al tempo stesso eloquenti, di nascosto ma davanti a tutti, sfidando, senza paura di essere colpiti, interessi e poteri pubblici.
È questa la natura del comportamento mafioso, che presenta qualità simili a quelle del metodo mafioso, che sussiste, sul piano del codice penale, quando si presentano insieme tre specifici elementi: la forza intimidatrice del vincolo associativo, la condizione di assoggettamento e la condizione di omertà sprigionata da tale forza intimidatrice. Non sappiamo, ripeto, se in questo caso stia agendo un’associazione mafiosa. Si vede, però, dalla semplice osservazione del modo in cui gli incendi si sviluppano, che una forza intimidatrice viene agita, dotata della capacità di sottomettere tutto l’ambiente umano e non umano circostante, riducendolo al silenzio, tanto è vero che non si alzano proteste in modo organizzato contro quanto sta accadendo, nessuna forza politica o sociale riesce a prendere parola, le stesse istituzioni non si esprimono e non spiegano. L’unica discussione in corso, quella sui tempi con cui i mezzi si alzano in volo per spegnere gli incendi e la tempestività degli interventi, non è altro che una certificazione della riduzione al silenzio in atto e della rassegnazione con cui la società nel suo insieme e, soprattutto, le istituzioni pubbliche affrontano il fenomeno.
Di fronte all’affermazione di questi comportamenti mafiosi è necessario un intervento chiaro da parte dei pubblici poteri, che, dopo una settimana di incendi permanenti, interni ad una tendenza in atto da oltre trent’anni nel territorio locale e in tutto il Sud Italia, dovrebbero dire qualcosa di incisivo, farsi sentire, far capire quali politiche si vorrà mettere in atto per bloccare questo comportamento così lesivo della salute pubblica e di beni comuni così importanti come i boschi, la vegetazione, il paesaggio. Per fare capire cosa si farà per mettere fine a questa pratica mafiosa che aggredisce, coerentemente con le sue finalità più generali, la stessa bellezza dei luoghi, contribuendo a distruggere ciò che cemento, asfalto e speculazione fondiaria non sono riusciti ancora ad aggredire.
Ecco, le indagini della Magistratura dovranno servire per capire quali interessi specifici stanno alimentando i fuochi in corso, ma le istituzioni di governo, dai comuni alla Regione Campania, devono chiarire da subito cosa intendono fare verso quella che non è un’emergenza, ma è ormai da decenni una delle modalità di governo e trasformazione del territorio, in modo da far capire a cittadine e cittadini se c’è la reale volontà di tutelare i beni comuni spegnendo l’economia degli incendi.
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