Ilaria Drago stasera a Nocera Inferiore in MaddalenaMaria

SALERNO. La rivoluzione, la sussurra MaddalenaMaria. Perché lo splendore della sua verità, la caparbia forza visionaria, la capacità di amare con la carne, la testa ed il cuore, bastano da sole a...

SALERNO. La rivoluzione, la sussurra MaddalenaMaria. Perché lo splendore della sua verità, la caparbia forza visionaria, la capacità di amare con la carne, la testa ed il cuore, bastano da sole a ricucire uno strappo perbenista e cattolico che le ha rubato l'identità di donna, consegnandola alla storia solo come una prostituta, una traccia evanescente e a tratti scomoda, dinanzi la quale serrare le labbra. Quella bocca, Ilaria Drago, ha deciso di spalancarla, in tutta la sua sensualità e in quella vis affabulatoria profondamente femminile, che sa parlare d'amore negli amori e di storia nelle storie. "Maddalena Maria" è il titolo dello spettacolo che andrà in scena oggi (alle 20.30, teatro comunale Diana di Nocera Inferiore), nell'ambito della rassegna "L'essere e l'umano" promossa da Artenauta teatro. Scritto diretto ed interpretato da Ilaria Drago - ha fatto parte della compagnia di Leo De Berardinis e ha collaborato con alcuni fra i più grandi nomi della musica e della letteratura italiana (fra gli altri Nanni Balestrini, Lello Voce, Roberto Laneri, Paolo Fresu) - lo spettacolo ricuce la frattura millenaria tra corpo e spirito ("guarda questa mano, non è questa già sacra, già bella?") per riammagliare i fili della narrazione di una donna e del suo rapporto d'amore con Cristo ("Cristo nudo, Cristo dei cani e dei segreti. Cristo di legno arroventato e odore di mosto. Amante contratto sui bordi di lenzuola madide. Cristo succo mio!"). Senza finti pudori. Senza mistificazioni. Soprattutto senza voler più rinunciare al morso animale alla vita, al desiderio in tutte le sue sfaccettature.

Ilaria Drago, ci racconti chi è la sua Maria Maddalena.

E' innanzitutto una donna. La sua figura mi ha sempre appassionata e così mi sono dedicata a un paziente lavoro di ricerca sulla sua storia, a partire dai Vangeli, per mettere insieme quello che c'era e quello che non c'era, che in realtà è molto, perché di lei si parla pochissimo nell'ufficialità. Quello che mi è rimasto dentro, in maniera fortissima, quasi indelebile, è il suo rapporto con Cristo, un amore espresso in ogni forma ma fortemente occultato da una cultura cattolica che ci ha sempre condizionato in questo "affaraccio" di non dover mescolare spirito e corpo. E invece il messaggio che attraverso di lei ho tentato di proporre è che il corpo è già in sé meraviglioso e sacro e che forse proprio le donne sanno meglio riunificare l'aspetto spirituale con quello carnale. In questo senso la mia MaddalenaMaria non è una prostituta redenta, ma una sacerdotessa della tradizione di Iside, una forza femminile potente, ma anche la prima degli apostoli e, simbolicamente, la parte femminile di Cristo. Entrambi sono stati missionari di quell'amore unico, con la A maiuscola, entrambi hanno mantenuto la promessa di non giudicare, di accompagnare quelli che spesso vengono considerati ultimi, azzerando ogni distanza con gli "altri".

Antigone, Simone Weil ed ora Maria Maddalena. In vent'anni di teatro eretico, l'analisi del femminile sembra essere una cifra che oltre a caratterizzarla, in qualche modo la abita.

Non è una scelta totalmente razionale, lo confesso. E' una sorta di ricerca spirituale che non può prescindere dal femmineo, in quanto ho sempre ritenuto che le donne abbiano questa peculiarità medianica di sentire oltre la realtà visibile. Ma al tempo stesso, sono spesso vittime di abusi e violenze. Tutto nasce da una domanda: "Ma che paura facciamo?". Questo mi ha spinto a fare un percorso a ritroso, per capire certi cambiamenti netti della macrostoria, certe incongruenze, fino ad arrivare al fatto che nel nostro Paese è stato finora inconcepibile immaginare delle donne sacerdote o Pontefici, nel senso di essere capaci di fare da ponte. Così come è sempre stato in qualche modo negato alle donne la possibilità di esprimere liberamente la propria carnalità. Tant'è che quando ho pubblicato L'inquietudine della bestia, non sono mancati dei giudizi di valore bigotti e molto benpensanti.

A proposito di poesia, anche fuori della carta, sulle tavole di legno del palcoscenico, c'è sempre molta lirica nei suoi spettacoli.

Per me è tutto un atto poetico, che nel linguaggio si esprime con una tipologia specificatamente poetica. Il teatro è come la musica, deve far vibrare.

Tra i suoi maestri, c'è stato anche il "nostro" Leo de Berardinis.

Ho fatto parte della sua compagnia per due anni. Poi ho proseguito per la mia strada, perché sono sempre stata una bestiaccia anarchica. La sua impronta è stata determinante, come quella di Perla Peragallo, di cui sono stata allieva insieme a Roberto Latini. Leo mi ha insegnato la poesia del teatro e per un lungo periodo, ogni mese, sognavo che facevamo teatro insieme. Lo sforzo maggiore, al risveglio, era ricordare cosa mi avesse detto. E' stata una icona, ha segnato un percorso rispetto al quale non si torna indietro.

Ma purtroppo la sua memoria è andata quasi totalmente dispersa. Lo sa che è stata avviata sui social una campagna per spingere l'amministrazione di Vallo della Lucania a dedicargli un teatro?

Lo so e la ritengo un'operazione giustissima. In verità, mi sorprende che finora non sia stato fatto nulla. Ma il vizio di cancellare purtroppo appartiene al nostro popolo.

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