il trittico di furore

Il volto della Madonna avvicina Antonelli a Piero della Francesca

di GERARDO PECCI Nella Nap. oli rinascimentale di Alfonso il Magnanimo vi fu, dalla metà del Quattrocento in poi, un cambiamento della cultura figurativa del Mezzogiorno in senso decisamente...

di GERARDO PECCI

Nella Nap. oli rinascimentale di Alfonso il Magnanimo vi fu, dalla metà del Quattrocento in poi, un cambiamento della cultura figurativa del Mezzogiorno in senso decisamente rinascimentale, anche attraverso influssi fiamminghi. La presenza della figura di Colantonio e di Antonello da Messina andarono proprio in questo senso, ma vi furono anche influssi che risentirono della cultura veneta, veneziana, e di quella spagnola, valenzana, e anche provenzale. Vi fu un insieme di motivi artistici, su base tardo gotica, che portarono a una visione culturale figurativa molto complessa e variamente stratificata.

Fu ai tempi di re Ferrante (1458-1494) che la cultura figurativa a Napoli si arricchì di influssi dalla Spagna, dall’area adriatica e veneta, dalla Pianura Padana, da Ferrara in particolare, visto che Lionello d’Este aveva sposato Maria d’Aragona. Furono anche gli anni concitati in cui Ferrante fu impegnato in una lotta senza tregua contro i baroni ribelli del Regno di Napoli. Fu in questo clima politico-sociale agitato che nella Costa d’Amalfi fece la comparsa un’opera, di poco posteriore ai trittici di Eboli e di Castellabate (entrambi del 1472) di mano dell’artista Pavanino da Palermo. Si tratta di un altro trittico, conservato nella chiesa di Sant’Elia a Furore, firmato da Angelo Antonelli di Capua e datato 1479 sul basamento del trono della Madonna. In un certo senso, l’opera dell’Antonelli rappresenta una ventata di novità nella pittura napoletana e meridionale nei decenni centrali della seconda metà del XV secolo.

La resa spaziale del trono della Vergine ci informa della cultura dell’artista che fa un uso sapiente di un impianto visivo di matrice prospettico-rinascimentale, su fondo dorato ancora goticheggiante. Inoltre il trono, come ci informa Antonio Braca, è impreziosito «dall’inserto di sculture di arpie mitologiche di memoria classica» ed è in linea con la stessa visione spaziale che troviamo nei troni della Madonna nei trittici di Pavanino da Palermo. Ma quello che ci lascia particolarmente stupiti, ed è una novità critica in questo senso, è che nell’opera dell’Antonelli il volto della Madonna è un perfetto ovale, i cui tratti fisiognomici e la luminosità sono vicinissimi ai modi pittorici e luministici che agevolmente rintracciamo, per esempio, nella celeberrima “Madonna di Senigallia” di Piero della Francesca, contemporanea al trittico di Furore.

Ma l’Antonelli non guarda solo a Piero. Sono significativi anche i decori del ricamo del mantello della Madonna, dorato e damascato fantasiosamente, in linea con opere spagnole circolanti dalla metà del Quattrocento in ambito meridionale. In particolare, il ricamo al centro della parte bassa del manto della Vergine, raffigurante un vaso di fiori, è comune a quello che compare nella figura di San Severino Vescovo nell’omonimo polittico di autore anonimo, che si trova a Napoli.

Nel Trittico di Furore, la Madonna è affiancata alla sua destra dal Profeta Elia e alla sua sinistra da S. Bartolomeo.

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