ARTE

Il vero gioiello del Duomo di Salerno

Quadri di valore nella Cappella del Tesoro

SALERNO - In uno spazio piuttosto piccolo, poco più di 35 metri quadrati, sono conservati oggetti d’arte di grande valore e importanza religiosa. Si tratta della Cappella del Tesoro nella Cattedrale di Salerno, annessa alla sacrestia, realizzata su un’idea del card. Seripando e realizzata, dopo la conclusione dei lavori del Concilio di Trento, dall’arcivescovo Cervantes (1563-1568). Vi sono raccolti pregevoli reliquiari. Essi rappresentano una viva testimonianza del culto delle reliquie, rinato dopo il concilio tridentino e rinvigorito dal moto di rinnovamento della Chiesa Cattolica. La funzione del rafforzato culto delle reliquie era quella di ravvivare e di rinvigorire nei fedeli sentimenti di fede e di amore per i santi e per i martiri. Così l’esposizione dei “tesori” della cattedrale di Salerno, cioè le preziose testimonianze di frammenti di resti mortali e di oggetti appartenuti a importanti santi della cristianità, contenuti in reliquiari, generalmente argentei, divenne esigenza imponderabile da parte degli arcivescovi. Con l’arcivescovo Marsilio Colonna , il numero delle reliquie conservate ed esposte alla pietà dei fedeli crebbe in modo notevole anche nella Chiesa salernitana. Egli fece redigere un inventario nel quale comparve addirittura una reliquia della Vergine Maria. Così, la Cappella del Tesoro, unitamente alla straordinaria cripta della cattedrale salernitana, che conserva le reliquie di San Matteo apostolo ed evangelista, dei santi martiri salernitani Caio, Anthes e Fortunato, divenne «il posto più intimo e riservato della Cattedrale », come ci ricorda Antonio Braca . La Cappella era già attiva nel 1575. In quell’anno, durante la sacra visita, il cardinale Colonna vi celebrò ben due messe. Lo spazio architettonico del locale, oggi si presenta nella sua veste settecentesca, i cui lavori sono testimoniati da un manoscritto che ne documenta le fasi, tra il 1729 e il 1736. La cupola della Cappella delle Reliquie è dipinta ad affresco, risale al 1730. Viene chiamata anche con l’appellativo di “Paradiso Salernitano”. In essa, insieme a Cristo in Gloria, a Dio Padre e alla raggiante figura della Colomba dello Spirito Santo in volo, che illumina la volta dorata del Paradiso, compaiono i santi martiri Anthes, Caio e Fortunato, l’apostolo ed evangelista Matteo, papa Gregorio VII, san Tommaso d’Aquino, santa Caterina, sant’Agata e altri santi legati alla città di Salerno. L’autore della volta è il pittore Filippo Pannino o Pannini, in un documento è appellato con il cognome di Pandino, i cui esordi, come ci ricorda Mario Alberto Pavone , vanno ricondotti a opere presenti nell’ambito della Chiesa di Benevento, ai tempi dell’arcivescovo Orsini. L’artista, presente nell’area salernitana in San Pietro a Siepi a Cava, come pure nella Congrega del Rosario a Vietri, tra il primo e il secondo decennio del secolo XVIII, stilisticamente rivela anche un’adesione a modelli della pittura romana sulla scia di Andrea Pozzo . Un bozzetto raffigurante la “Incoronazione della Vergine nella gloria del Paradiso”, conservata a Salisburgo nel Barockmuseum, costituisce il precedente più immediato dell’affresco nella Cappella delle Reliquie del duomo di Salerno. Un documento datato 18 febbraio 1731, firmato dallo stesso artista, ci ricorda che per questo affresco fu ricompensato con una somma di 60 ducati. Filippo Pennini presenta in questo affresco salernitano, ma in genere nel proprio stile pittorico, una predilezione per colori “ariosi”, chiari, senza forti contrasti cromatici, in una diffusa luce dorata che avvolge i personaggi presenti nella scena. La sua pittura è stata più volte confusa con quella di Michele Ricciardi . In realtà Pannini privilegia pitture con cromie dal caldo sapore ancora barocco, su una linea che ripesca accenti del Giordano e senza troppi contrasti luministici e cromatici, a volte con accenti stilistici che risentono degli influssi del Vaccaro e anche in sintonia con certi compiacimenti pittorici di Paolo de Matteis.

Gerardo Pecci