Il Signor Hunt ha due sogni nel cassetto

Folla alla Feltrinelli per la presentazione del disco del rapper salernitano. «Tour negli stadi e un incubatore per i giovani»

SALERNO. Prima Sanremo, poi il disco di platino: tanta esposizione che può diventare un macigno che si trascina giù tutto, all’improvviso. Non se ci si pianta bene con i piedi al terreno, come Rocco Pagliarulo, ormai per tutti Rocco Hunt che, ieri, ha presentato alla Feltrinelli sul corso Vittorio Emanuele, “Il Signor Hunt”. Il terzo album ufficiale, ma il più completo di sempre: 16 brani inediti e tanti featuring importanti. Un disco che segna anche un ritorno alle origini, nel solco di quello “Spiraglio di periferia” (il primo full lenght) da cui, poi, si è aperto un varco immenso.

«Ci tenevo a fare un album che parlasse la mia lingua, nello stile di ciò che ho fatto prima di Sanremo. Un disco vero - spiega “Rocchino”, mentre centinaia di ragazzini lo aspettano per il firmacopie - senza peli sulla lingua, nè con me nè verso i fan, senza la superbia di voler dire grandi cose».

C’è l’omaggio alla scena rap degli anni ’90, con il ritorno di “Chief” e la presenza dei caposcuola: Luca O’ Zulù, Speaker Cenzou e Clementino. Ma c’è anche l’inchino a Bob Marley, nel singolo di lancio, “Vene e vvà”, «Un tributo alla Giamaica e al suo stile di vita - sottolinea il rapper - le cui tradizioni mi hanno molto ispirato e sono da prendere ad esempio per evitare di diventare razzisti». E non è escluso il ritorno all’Ariston: «Se tornerò - sottolinea - sarà con un pezzo che farà la differenza e sveglierà tutta la prima fila che dorme sempre, non posso andare lì giusto per andarci, con un brano finto».

Rocco è l'Italia che non molla, l'Italia dei ventenni motivati che non vogliono credere a chi gli dice che è tutto finito. «Siamo ragazzi senza chance, lo ero anch’io - ammette - ma la musica mi ha dato la possibilità di diventare ciò che volevo. C’è troppa dispersione al Sud, la scuola serve a poco così come sono poche le possibilità, a meno che tu non abbia un futuro già scritto prima di nascere. Voglio creare un incubatore per i giovani che vogliono intraprendere il mio stesso percorso, creare uno spazio per condividere musica, lo farò quando mi sarò realizzato al cento per cento. Cercare giovani cui indicare la strada anche se la spinta migliore è quella che dai a te stesso, se ci credi abbatti tutte le barriere».

Intanto, Rocco deve pensare ai fan, in massa riuniti davanti alla Feltrinelli; qualcuno è lì dalle 10 del mattino e ha marinato la scuola. Una ragazzina piange nel trovarselo davanti, quasi non ci crede. Ma lui non si agita e non si risparmia affatto, dispensando sorrisi, saluti ed autografi, con sincera affabilità. Età media: la sua, ovvero vent’anni ma non mancano piccoli “hunters” in tenera età, a partire dai tre anni. Tutti aspettano, pazientemente, con “Il sole tra i palazzi” (il libro pubblicato per Mondadori) tra le mani, insieme al disco, naturalmente.

Un disco per metà in dialetto e l’altra in italiano, che per la prima volta contiene le traduzioni, nel booklet. Un mix di stile, comicità e autoironia anche perché il “S’ìgnorant” (si legge così il titolo) è un monito che Rocco fa innanzitutto a sè stesso: «In questo ambiente - chiarisce - è facile darsi delle arie, con tante situazioni intorno, soprattutto a vent’anni non è facile abituarsi a un cambio radicale. Mi guardo allo specchio e penso: ma chi è Rocco? E poi mi dico: calmati, perché sì ’gnorant veramente». Adesso «c’è voglia di andare in giro - confessa - non vedo l'ora di vedervi cantare le mie canzoni in strutture più grandi, in un tour tutto mio»

©RIPRODUZIONE RISERVATA

GUARDA LA VIDEOINTERVISTA

E COMMENTA SUL SITO

WWW.LACITTADISALERNO.IT