LA STORIA

Il partigiano che fermò il treno dei nazisti

“Lello la Valletta”, il suo nome di battaglia, era nato a Sacco e fu preside a Salerno. Masullo: «Dedichiamogli una strada»

Una lettera inviata al sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli, ha riportato l’attenzione su un personaggio che arriva dal passato e come spesso accade, ormai dimenticato. La penna è quella di Silvio Masullo, giornalista e segretario comunale a Brescia, originario di Sacco, il partigiano finito nell’oblio, è invece Raffaele Monaco, nato anch’egli nel piccolo paese salernitano, arroccato nel cuore montuoso del Cilento, che durante la Seconda guerra mondiale ricoprì ruoli di grande responsabilità. «Ho chiesto al sindaco Napoli di intitolare una strada, una piazza, a questo valoroso commilitone, dichiara Masullo - che nel 1951, fu insignito dal Presidente della Repubblica, della medaglia d’argento al valor militare, e che fu arruolato nelle formazioni partigiane autonome, al comando di Enrico Martino Mauri, uno dei più grandi capi partigiani, il quale definì Monaco uno dei suoi migliori uomini, devoto valido e affidabile collaboratore. Raffaele Monaco il cui nome di battaglia era “Lello la Valletta”, in onore di un suo antenato cardinale, morì nel 1996, - aggiunge Masullo - e nel dopoguerra fu insegnante e Preside dell'istituto tecnico commerciale De Martino, di Salerno.

Durante la seconda parte della sua vita, scrisse le sue memorie, affidate alla sua famiglia e non alle stampe, nelle quali sono contenuti importanti aneddoti ed episodi di un periodo storico contraddistinto dall’orrore della guerra». Come quelle pagine in cui emerge il racconto della cattura di Mauri da parte dei tedeschi l’11 agosto 1944, il quale prima di essere portato via, riuscì tramite un’autista a consegnare un biglietto a Monaco nel quale ordina a lui e ai suoi uomini di ritirarsi, di fronte alla superiorità delle forze nemiche. Raffaele Monaco ubbidì e durante la ritirata strategica, riuscì anche a bloccare una macchina con altri capi partigiani, evitando che venissero catturati dai nazisti. Ma la vita ardita e intensamente vissuta da Raffaele Monaco e da suo cugino Nicola, medaglia d’oro al valor militare, è meglio raccontata nel libro “Sacco e saccaritudini”, un progetto editoriale dello stesso Silvio Masullo, patrocinato dal Comune di Sacco, che evidenzia inoltre come un piccolo paese del Sud Italia, con poco più di 500 abitanti, abbia in memoria il più alto numero di partigiani in rapporto ad altri luoghi.

«Tornando al partigiano Monaco, quando entrò nella Resistenza, era al comando del distaccamento di Rocca Cigliè della prima divisione Langhe, e in seguito, quando divenne intendente della stessa divisione, coordinò l’attacco a un treno blindato nazista, episodio che fu menzionato anche da “Radio Londra”», ricorda Masullo che poi sottolinea: «E anche Mauri cita lo stesso episodio nelle sue memorie, ricordando Monaco, al suo cospetto, che a testa china, gli confessò di aver trasgredito ai suoi ordini, attaccando autonomamente un treno nazista senza avvisarlo». Il partigiano Raffaele ha avuto sempre un legame molto stretto e duraturo con il suo paese natìo e da uomo di fede attribuisce alcuni passaggi importanti della sua vita a un intervento divino della Madonna degli Angeli, Patrona di Sacco, alla quale lui e i suoi fratelli furono affidati dalla loro madre, prima di partire per la guerra. «Mio padre era un uomo empatico e ha manifestato la sua socievolezza, la sua grande capacità comunicativa sia nella quotidianità, che nel suo lavoro di preside», spiega Peppino Monaco, figlio del partigiano Raffaele, sempre felice e disponibile a ricordare alcuni eventi di un genitore che ha dato onore alla sua famiglia.

E tra i racconti, Peppino ne menziona uno in particolare: «Una mattina, sul lungomare di Salerno, in compagnia di papà, giocavamo a pallone con altri bimbi, un signore infastidito ce lo bucò. Fu allora che mio padre, con la sua nota signorilità, si avvicinò a quell’uomo, chiedendogli semplicemente se anche lui in passato fosse stato un bambino». Ma Peppino ricorda ancora le loro gite ad Ercolano, a Pompei, in Costiera Amalfitana, sempre pronti a prendere un autobus al volo, visto che il preside Monaco non aveva la patente: «Ho avuto un padre presente e amorevole, - conclude Peppino che raccontava tante storie della sua vita avventurosa, vissuta sempre con un’altissima moralità e con tanto coraggio».

Maria Romana Del Mese