Il giallo del Duomo che (forse) si chiamava San Gregorio VII

Due antiche litografie rinvenute da Gabriele Borbone Ma la didascalia della seconda genera molti dubbi

Due antiche stampe di Salerno - rare in quanto ad edizione, datazione e raffigurazione - sono state ritrovate da Gabriele Barbone, dello studio bibliografico Morghen di Salerno. Oltre al valore intrinseco, le antiche opere grafiche aprono un piccolo giallo storico sul monumento numero uno della città: la cattedrale. La prima incisione, del 1850, ritrae l’interno del Duomo di San Matteo, con la navata centrale della chiesa. È l’impianto pre-conciliare con il vecchio altare marmoreo (ora collocato nella chiesa dei Salesiani) e il vecchio dipinto dell’assunzione di Maria (ora nel salone degli Stemmi dell’Episcopio di Salerno). L’aspetto è quello della prima ristrutturazione barocca, avviata dopo il terremoto del 5 giugno 1688 su progetto dell’architetto napoletano Arcangelo Guglielmelli e poi modificato e completato dall'architetto romano Carlo Buratti.

L’autore delle stampe è il francese Philippe Benoist (1813-1905). L’opera da cui sono tratte le litografie è “L'Italie monumentale et artistique”, pubblicata a dispense per l’editore Lamercier. “Philippe Benoist è stato un grande disegnatore - spiega Barbone, responsabile dello studio bibliografico di via Masuccio Salernitano - fu uno dei maggiori vedutisti francesi del diciannovesimo secolo, abile pittore e litografo. Si specializzò nella realizzazione di vedute di esterni ed interni di edifici famosi, realizzate in litografia.

L’estrema precisione e la ricchezza di particolari caratterizzano i disegni di Benoist che iniziò la sua carriere a Parigi studiando sotto l'influenza di Louis Daguerre pioniere della fotografia. L’arte del vedutista francese raggiunse la sua massima espressione nelle opere del 1870 dove ogni veduta era realizzata in litografia tinta, processo ottenuto utilizzando un diverso numero di pietre. Le figure erano poi colorate a mano da artisti incaricati dallo stesso Benoist. «Più rare – prosegue il bibliografo - le opere che ritraggono il nostro territorio. In passato ho avuto tra le mani le vedute di Pompei, datate 1848. Da mie ricerche le incisioni dei due luoghi sacri di Salerno dovrebbero essere più o meno coeve».

Ma è proprio la seconda incisione che apre ad un piccolo giallo culturale. Essa reca la didascalia: chiesa ipogea di San Gregorio. A Salerno esisteva solo una chiesetta dedicata a San Gregorio ma non è quella della stampa. Dall’antica immagine, dalla forma del luogo sacro, dagli affreschi e dell’altare centrale, si capisce però che si tratta in realtà della preziosa cripta del Duomo di Salerno, che - a quanto pare – fino alla prima metà dell’Ottocento era denominata di San Gregorio. Potrebbe essere lo stesso santo al quale è co-intitolata la parrocchia madre del Duomo, ovvero San Gregorio Magno. Il duplice titolo della parrocchia risale al 27 aprile 1857, quando l'arcivescovo Marino Paglia, con la bolla Laudatissima et vetusta ecclesia, trasferisce la parrocchia dalla chiesa di S. Gregorio Magno, in via dei Mercanti, alla Cattedrale. Oppure - ed è l’ipotesi più plausibile - potrebbe trattarsi di San Gregorio VII, al secolo Ildebrando di Soana, il papa “di ferro”, che vinse la lotta contro le investiture con l’imperatore.

È il papa santo che nel Marzo del 1081, inaugurò il primo nucleo del costruendo duomo, la cripta, per poi morire in esilio ed essere seppellito proprio a Salerno, anche se la cappella a lui dedicata si trova nella basilica superiore. Insomma due stampe interessanti, che fanno luce sul passato della cattedrale di San Matteo e soprattutto sulla cripta. Essa si estende sotto il transetto ed il coro ed è costituita da un ambiente a sala con nove file di tre campate, con volta a crociera poggiate su colonne e fu interamente affrescata nel Seicento, quando i lavori furono commissionati a Domenico Fontana, fu lui ad ideare il doppio altare centrale di San Matteo, la cui statua bifronte favoriva la celebrazione simultanea di due messe e collocò nell'abside centrale le tombe dei Martiri Salernitani. Il Fontana si avvalse della collaborazione di Belisario Corenzio e della sua bottega (1606-1608) per i dipinti della volta, una vera e propria biografia dipinta raffigurante le vicende dell’Evangelista Matteo.

. ©RIPRODUZIONE RISERVATA