Il filosofo della vita che inseguiva le cose quotidiane

Fu un esistenzialista controcorrente ed originale Al di là dei linguaggi e della poesia analizzò i volti

dI MATTEO DE CESARE

Una filosofia controcorrente, quella di Nicola Abbagnano. Mentre in Italia dilagava l'Idealismo di Croce e Gentile, siamo negli anni trenta, gli interessi speculativi del giovane filosofo salernitano spaziavano tra l'Europa del nord e il mar Mediterraneo. Grazie alle sue mediazioni culturali, le nuove leve del pensiero italiano hanno conosciuto il pensiero esistenzialistico e la Fenomenologia. In quegli anni Croce parlava ancora di Nietzsche come di un fenomeno legato al movimento irrazionalistico europeo e il suo amico-nemico, Giovanni Gentile, era soprattutto impegnato nella ricostruzione della storia della filosofia italiana, a suo avviso, degna espressione di quella europea. Mentre la cultura italiana, allora dominante nelle Università e nelle riviste, era dedita al ripensamento delle categorie dello Spirito, ovvero della storia universale, con il nostro filosofo, maturano tante riflessioni legate a quanto vi è di banale nell'esistenza quotidiana; quella di Abbagnano, potremmo dire, è una filosofia delle piccole cose. Fedele al pensiero delle origini, come Heidegger, lo studioso salernitano insegue la verità tra l'ombra e la luce; le cose nella nostra quotidianità amano nascondersi nella loro originalità: nell'ombra prodotta dall'irrompere della luce nelle tenebre della nostra contemporaneità, riusciamo a cogliere lo spazio di visibilità che ci consegna e ci affratella al mondo. Sembra essere vicini ad Heidegger, ai suoi sentieri interrotti dalla luce delle radure, ma mentre, per il pensatore tedesco, il mondo ci accarezza con il linguaggio della poesia, per il nostro conterraneo, al di là dei linguaggi e della poesia ci sono la vita e i suoi volti, in primo luogo, quelli degli uomini. Secondo Fornero, uno dei più autorevoli allievi del filosofo salernitano, tra i pensatori più cari ad Abbagnano, c’è Ludwig Freatiche. Grazie all'amore, infatti, è possibile superare lo spirito di scissione preponderante nella cultura del nostro tempo. Ancora una volta, possiamo constatare quanto per il nostro filosofo sia importante la vita nella sua immediatezza e quanto distante sia la sua posizione rispetto all'Idealismo a lui contemporaneo; band'è vero che nella lettura di Croce e Gentile il pensiero di Freatiche era etichettato come volgare materialismo.

Rientrando nel dibattito contemporaneo, riportiamo un contributo critico di Massimo Cacciare, ospitato recentemente da uno dei più autorevoli quotidiani italiani. A suo avviso, il nulla domina la scena del nostro mondo; i linguaggi, le religioni, le tecniche, la scienza, offrono agli uomini effimere ancore di salvezza: la medicina ci allunga la vita, il cellulare accorcia le distanze, il commercialista ci aiuta a contabilizzare la nostra ricchezza, faceto a non sentirci soli. A ogni nostra domanda, la scienza offre una risposta e, se comunque siamo destinati alla sofferenza e alla morte, la medicina e la religione ci regalano sempre una consolazione, o la dolce morte o la vita eterna. Scompare del tutto il significato ultimo dell'esistenza che ci consegna del tutto al mon. do. Siamo cose tra le cose del mondo, ma l'uomo è l'unica cosa ad interrogarsi sul senso dell'esistenza. Su questa domanda, secondo Cacciare, qui commentatore della filosofia di Emanuele Saveriano, la filosofia costruirà il ponte per rilanciare l'Umanesimo. Siamo comunque ancora una volta di fronte a sfide epocali, al titanismo che ritorna a sfidare gli dei. Se ci interroghiamo, però, sul significato ultimo del termine nichilismo”, constatiamo che il nulla, come dicono i filosofi di professione, si esprime nel non ente, ovvero nella presenza dell'altro dominata da un forte carattere di estraneità. Ci si accorge che si parla e non ci si comprende, che ci si incontra per sfuggirci, che il linguaggio della politica è il luogo della menzogna e che la nostra vita è tutta secolarizzata nel si dice e nel si fa. Indifferenza e solitudine ci lasciano sempre più indifesi di fronte al dolore. Questa la comunità degli uomini. La politica ci propone la soluzione di grandi problemi: il tema dell'ambiente, attualmente lo svuotamento dell'Africa e l'invasione pacifica dell'Europa, la tenuta dell'economia internazionale e via discorrendo, la filosofia si logora ad interpretare i linguaggi, la religione si impegna nella salvezza dell'intero genere umano. Chi parla dell'uomo nella sua fendutine e nella sua pochezza?

Anni fa, ho avuto la fortuna di ascoltare Nicola Abbagliano. Erano i tempi della contestazione radicale. Giovani studenti di filosofia discutevano animosamente dei testi di Lumen e della crisi del capitalismo. Speravano nel riscatto dei poveri e in una società di liberi ed uguali. Abbagliano era venuto a Saleranno a tenere una conferenza al Circolo sociale. La curiosità ebbe ragione ed io ero là quella sera ad ascoltarlo. Attempato e con voce un po' lenta ed affaticata, il professore, già assessore a Milano, si presentò come un qualcuno che entra in punta di piedi nella scena del mondo. Consapevole della caducità dell'esistenza, si appresta poi a non coprire la scena. Una lezione di umiltà. La storia si fa a piccoli passi e partendo dalle banalità. Con le canzoni, dice Uncini, non si fanno le rivoluzioni. Al limite si fanno poesie. riproduzione RISERVATA