IL FOCUS

«Il cinema ha ricostruito l’identità nazionale»

All’Università il convegno sulle fonti audiovisive nel lavoro di uno storico: le immagini sono un motore di crescita sociale

L’importanza delle fonti per il lavoro dello storico e la ricostruzione del contesto di una nazione attraverso gli anni. E’ questo il tema su cui si è concentrato il convegno tenutosi all’Università di Salerno, proprio alla vigilia dell’anniversario delle prime elezioni politiche del 1948, alla presenza di docenti ed esperti della materia, che si sono confrontati sull’utilizzo degli audiovisivi nel corso dei decenni, dal Dopoguerra in avanti, fino ad arrivare a internet e alle nuove tecnologie. L’appuntamento rientra nell’ambito del progetto “2 giugno 1946. Nascita, storie e memorie della Repubblica”, promosso dalla Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Struttura di missione per gli anniversari di interesse nazionale (2017 – 2020).

Tra i relatori, dopo i saluti di Virgilio D’Antonio (direttore Dspc) e Carmine Pinto (coordinatore del dottorato in Studi Letterari, Linguistici e Storici), il professor Pietro Cavallo che ha analizzato il cinema italiano dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla ricostruzione. Un viaggio iniziato con la metafora della cosiddetta “bambola di Kafka” per spiegare il meccanismo della «trasformazione della menzogna in verità attraverso la verità della finzione ». Come sottolineato dal docente di Storia Contemporanea il cinema, dagli anni ’30 in poi, è stato un agente di storia, ristrutturando una realtà fatta da elementi confusi e contribuendo a ricostruire un’unità e un’identità nazionale crollate insieme al Fascismo. Un ruolo significativo anche sul piano sociale, svolto in maniera esemplare da pellicole come “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, “La vita ricomincia” di Mario Mattioli, “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica.

Presente all’incontro Patrizia Cacciani dell’Archivio Istituto Luce, che ha ripercorso le vicissitudini di un’azienda nata sotto l’egida del regime, utilizzata in seguito come agenzia di stato per la ricostruzione e la campagna informativa su Costituente e Costituzione. Importante, da questo punto di vista, la certificazione nel 2013 dell’Unesco grazie al materiale fotografico e ai cinegiornali prodotti in epoca fascista, testimonianze tangibile della costruzione del consenso. Matteo Chiocchi e Annalisa Ciampi, di Rai Teche, archivio secondo solo a quello della Bbc, hanno proceduto a un excursus, attraverso immagini e video, di alcuni momenti salienti della storia della Repubblica e della televisione, quest’ultima intesa come specchio del Paese: il primo format “Lascia o raddoppia”, la rivoluzione di costume portata da personaggi come le gemelle Kessler e Raffaella Carrà, ma anche i servizi legati a momenti drammatici e centrali, quali le proteste del ’68, l’assassinio Moro, l’attentato al Papa.

Il servizio pubblico, insomma, come motore di educazione e crescita sociale. Al clima sessantottino ha accennato anche Claudio Olivieri, dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio, il quale si è soffermato sulla produzione legata al Pci. Il dibattito non ha mancato di offrire uno spunto musicale, con la ricerca svolta da Marcello Ravveduto, docente di Public & Digital History. Quest’ul- timo ha riassunto in una parabola lunga trenta canzoni il modo in cui l’immaginario italiano è cambiato nel corso degli anni, da “Nuntereggae più” di Rino Gaetano a “Dov’è l’Italia” di Motta, passando per “Inno nazionale” di Luca Carboni. Conclusioni affidate a Maurizio Ridolfi dell’Università della Tuscia che ha rimarcato l’importanza degli audiovisivi nel lavoro di ricerca degli storici, auspicando ulteriori approfondimenti con l’ausilio del materiale presente negli archivi.

Francesco Ienco