L'INTERVISTA

Igino Russo: «Così faccio rivivere la favola di Pinocchio»

Lo scrittore ha rivisitato il noto racconto: riesco a condurre il lettore moderno in un mondo collodianamente affabulante

Una favola alla rovescia, l’altra faccia di Pinocchio, quella che fa riflettere e che conduce il lettore su strade alternative, che sconfinano oltre la notorietà della favola stessa. “Al di là del mio naso” (Erga edizioni) la prima opera narrativa dell’autore napoletano Igino Russo è un racconto nel racconto che svela aspetti reconditi di una della favole più conosciute e amate, che ha introdotto nelle nostre vite un burattino dinoccolato, che si ritrova nei panni a volte stretti di un bambino, curioso di scoprire il mondo. Si definisce un cultore delle parole, che ama talmente da inventarne di nuove, lo scrittore ingegnere informatico, già autore di molte poesie, che appassionandosi al racconto di Collodi, ha gettato le basi di una storia nuova, originale e accattivante.

Igino Russo, chi è il suo Pinocchio?
È un personaggio moderno, protagonista di una favola per tutti, inizialmente scritta per essere una poesia, o comunque una riflessione sugli aspetti più reconditi di una storia che chiunque conosce e molti citano, seppur non so in quanti l’abbiano davvero letta. Ebbene, di un racconto così noto, ho pensato che non tutto fosse stato detto e che ci fosse altro sul quale riflettere, per esempio che i buoni sono buoni soltanto perché non hanno la possibilità di far del male, e che i cattivi, sono tali perché abbandonati a loro stessi. Il mio Pinocchio è un bambino che prova a orientarsi per determinarsi e farsi accettare, ma è di fatto in balia di un mondo a lui sconosciuto, in quanto burattino.

La trama del libro è incentrata su molti colpi di scena e su modifiche della storia originale, c’è un’integrazione con la storia stessa o il racconto più famoso è negato completamente?
Sì, ci sono molti colpi di scena, il primo ad esempio, riguarda quel pezzo di legno consegnato a Geppetto da mastro Ciliegia, e dotato di anima. Quel ciocco però, a quanto pare, non era l’unico con tali caratteristiche. Lo stesso Ciliegia infatti, ne aveva tenuto uno per se, trasformandolo in una bambina di nome Occhetto, una sorella di linfa ma non di sangue. Nonostante ciò, il libro resta comunque una favola, che rivive negli stessi luoghi di quella più famosa, e ne ripercorre le stesse storie, svelandoci a volte l’accaduto soltanto un po’ prima o un po’ dopo, di quanto già noto, cosicché ne racconta un’altra che non nega la più famosa né i suoi personaggi.

L’hanno definita un poliedrico ed entusiasta inventore, scrittore, idealista. Si ritrova in questa descrizione?
Sono e resterò sempre uno scrittore non professionista, una persona semplice, che ama l’arte e che ha i cassetti pieni di libri disordinati e di storie da raccontare.

Che cosa significa per lei scrivere?
Credo che nello specifico, scrivere un libro, sia un atto intimo, perché per scriverlo l’autore entra in uno stato profondo del suo sentire, condividendolo o meno. Così come credo che un libro lo si scrive sempre per almeno due persone, e una delle due non può che essere se stessi. Scrivere è portare alla luce le emozioni e dare vita a un’idea che ha voglia di palesarsi.

Cosa augura al suo Pinocchio?
In un mondo a metà, tra la fiaba e la più moderna realtà, tra alberi senzienti e imprenditori spregiudicati, tra partite a burraco e internet, tra salti temporali, vortici amorosi, truffatori e incontri in chat, auguro ai personaggi del mio libro, di compiacere e soddisfare le aspettative del lettore conducendolo in un mondo collodianamente affabulante.

Maria Romana Del Mese