LA STORIA

I “vili” follari in rame della zecca di Salerno

Sotto il Guiscardo la coniazione di monete d’oro fu spostata nell’officina di Amalfi

Quando nel 1052 Gisulfo II, principe longobardo di Salerno, aveva incrociato per la prima volta il suo destino con quello del condottiero normanno Roberto d’Altavilla, passato alla storia con il soprannome di Guiscardo, l’astuto, non avrebbe mai pensato di trovarsi dinanzi all’uomo che con le sue imprese avrebbe posto fine alla gloriosa stirpe dei Longobardi meridionali. Figlio di Tancredi e della sua seconda moglie Fredesenda, Roberto, così come altri membri della sua numerosa famiglia, aveva tentato la fortuna calando nel Mezzogiorno per cogliere opportunità di bottino e di conquista ai danni di Bizantini e Longobardi. Tra i suoi primi impegni nel Salernitano si rintraccia l’intervento, accanto al fratellastro Umfredo, per liberare Gisulfo dalla prigionia dei congiurati che nel corso di quello stesso anno avevano assassinato il principe Guaimario IV usurpandone il trono. Strano destino, se si pensa che solo venticinque anni dopo fu proprio la mano armata del Guiscardo a privare il suo antico alleato dello Stato salernitano. Ben presto i Normanni da mercenari al soldo dei potentati locali si trasformarono in dominatori di vasti territori: Roberto, grazie ai suoi servigi prestati a Gerardo di Buonalbergo, capo normanno di Ariano, si unì una prima volta in matrimonio con la zia di questi, Alberada, ma il legame fu sciolto nel 1058. Probabilmente, dietro questo atto si celavano motivazioni politiche: nel corso dell’XI secolo, infatti, il potere del Guiscardo andò accrescendosi, tanto da diventare un problema improrogabile per il principe longobardo, e intanto gli si era presentata l’occasione di consolidare il suo rapporto con Gisulfo, il quale aveva manifestato l’intenzione di concedergli in moglie sua sorella Sichelgaita. L’opportunità era troppo ghiotta per essere rifiutata: le nuove nozze rappresentavano per Roberto un partito molto più appetibile del precedente. Ma nel 1076 si arrivò al punto di rottura tra i due cognati: la città capitolò definitivamente nel 1077 dopo un lungo assedio e Gisulfo trovò riparo, alla fine, a Roma. Fu all’indomani della conquista normanna di Salerno che per Roberto si aprì la questione della configurazione del suo ruolo istituzionale: egli, infatti, continuò a mantenere intatto il titolo di duca di Puglia e Calabria, senza mai avanzare pretese su quello principesco che, nonostante l’esilio, continuava ad essere riservato a Gisulfo. Anche l’autorità papale, nella persona di Gregorio VII, fu costretta a riconoscere tacitamente le nuove conquiste normanne, sebbene si sia sempre mostrata ufficialmente contraria. Da qui si sviluppa il problema del ruolo politico e del livello istituzionale occupato dal Guiscardo e dai suoi successori nell’Italia meridionale, almeno fino al 1130 quando Ruggero II darà vita al Regno di Sicilia, che univa per la prima volta sotto lo stesso scettro i domini insulari e continentali. Tra le testimonianze normanne che hanno raggiunto i nostri giorni spiccano le monete battute a cavallo tra XI e XII secolo in vari centri del Mezzogiorno. Sotto il Guiscardo, la zecca di Salerno fu particolarmente attiva per la coniazione di alcune emissioni in rame denominate comunemente “follari”: da questo punto di vista, il duca sembra abbia continuato l’opera già avviata dal suo predecessore, che fu il primo principe longobardo a realizzare monete in metallo vile. Spicca, in questo contesto, l’assenza di emissioni auree salernitane, in quanto pare che Roberto si servì a tale scopo della vicina officina di Amalfi. Solo con l’avvento al trono di suo figlio, Ruggero Borsa, Salerno riprese a coniare alcuni tarì d’oro, ma fu un evento sporadico. La giornata di studi di oggi, dal titolo “Tracce dei Normanni a Salerno (XI-XII sec.). Storia, insediamenti, monete”, si propone di gettare nuova luce sulla presenza di questa stirpe nordica nel Mezzogiorno d’Italia. Nel corso di questi lavori saranno messe in evidenza alcune tematiche fondamentali per la storia e per la storia delle istituzioni normanne a Salerno, mentre la moneta svolgerà il ruolo di chiave di lettura per lo sviluppo di altri argomenti, come la raffigurazione e la concezione del duca, oppure per comprendere le dinamiche politico-religiose che si celano dietro particolari iconografie. L’appuntamento culturale si svolgerà a partire dalle ore 16:30 presso l’Archivio di Stato di Salerno e si apre con i saluti della direttrice Fernanda Maria Volpe, seguita da un’introduzione del presidente della Società Salernitana di Storia Patria, Giuseppe Cacciatore. Gli interventi, moderati da Paolo Peduto, vedranno come protagonisti Amalia Galdi, Rosa Fiorillo e Alfredo Santoro, tutti dell’Università degli Studi di Salerno. Tra i patrocini ricevuti spiccano, oltre all’Archivio di Stato e alla Società Salernitana di Storia Patria, quelli del Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dello stesso Ateneo salernitano e della Società Numismatica Italiana di Milano.

Raffaele Iula

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