I “Ritmi del cuore” del pittore Pietro Scoppetta

L’artista amalfitano utilizzò uno pseudonimo per firmare un manoscritto sulle pene d’amore

di ALESSIO DE DOMINICIS

Un volumetto di 70 pagine, pubblicato a Napoli nel 1919 da L’Editrice Italiana, con un titolo che ne rivela la poetica e i contenuti: “Ritmi del cuore”, e in cui l'autore si cela sotto lo pseudonimo di Pictor Petrus, sarebbe inquadrabile in quella pletora di produzioni poetiche sull'eterno femminino del secolo scorso sepolte e, in molti casi a ragione, dimenticate. Ma stavolta dietro quel Pictor Petrus si cela il pittore amalfitano Pietro Scoppetta (1863-1920), che dei tipi femminili del tempo suo fu amoroso interprete, con qualche contiguità agli stessi accenti di Giovanni Boldini o di Salvatore Di Giacomo. L’autorevolezza del nome e le reali pene d'amore legate a queste poesie, o prose poetiche, ci inducono a considerarne il valore, se non letterario, quanto meno di umanissimo travaglio d'innamorato senza speranza.

Dello Scoppetta pittore e illustratore di livello europeo non parleremo, ché altri, in oltre un secolo di critica, lo ha fatto; bene, e con grande conoscenza della sua arte, lo ha fatto negli ultimi tempi Massimo Bignardi in molti scritti, specialmente in occasione della mostra da lui curata nel dicembre 1998 a palazzo Sant'Agostino, sede della Provincia. Vorremo però parlare dell'intima vicenda che indusse l'artista a comporre in versi liberi la sua storia d'amore. Correvano gli anni di poco precedenti l'immane macello della Grande Guerra. L’eclettico pittore-illustratore-musicista Pietro Scoppetta, che è da tempo eletto e prediletto dal pubblico delle mostre, dai salotti borghesi e aristocratici di mezza Europa, ma pure dalla critica, come il “petit maître de la belle époque”, frequenta il salotto romano di Vittoria Clementina Proietti, nota attrice di film muti col nome d'arte (scelto da D'Annunzio) di Vittoria Lepanto. Nella cerchia dei frequentatori di quella casa vi è Pietro Carrara, ricco imprenditore e impresario di spettacolo, accompagnato dalla moglie, la giovane e bella marchesa Maria Valdambrini Carrara.

La coppia e il pittore si conoscono probabilmente intorno al 1911. A Roma s’inaugura l'Altare della Patria, si celebrano i cinquant’anni dell'unità nazionale, l'Italia di Giolitti dichiara guerra all'Impero Turco, invade la Libia e Scoppetta comincia a frequentare la casa dei Carrara sulla Nomentana. Da quel momento si possono datare le prime poesie riunite più tardi nei “Ritmi del cuore” e lo attesta difatti nella premessa del libro l'editore del 1919: “Dieci anni orsono, quando colui che mal si cela sotto il nome di Pictor Petrus aveva minor peso di anni e maggior messe di sogni, furono per caso scritti questi versi d'amore “. Però sappiamo che non al caso, ma al mal d'amore di Pictor Petrus quelle poesie si devono.

“I' mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo ch'e' ditta dentro vo significando”: i versi danteschi, sebbene tanto più alti, si addicono però alla ragione ispiratrice dei componimenti che Scoppetta andava scrivendo negli anni della sua sfortunata storia d'amore, al suo intimo e segreto bisogno di esternare con le parole, oltre che nei tanti ritratti del sembiante amato, il suo innamoramento per Maria. Di donne belle e fascinose ne conobbe certamente tante lui, il pittore dei salotti romani, napoletani, parigini, ma l’amore lo sorprese tardi, alle soglie dei cinquant'anni, e fu inutile chiedersi perché: “Amore che si studia è amore infermo; amor notomizzato è amore morto”. In tutto il corso del suo ultimo decennio di vita Scoppetta conterrà con riserbo, senza approcci di sorta, il suo sentimento, nonostante la frequenza delle visite nella casa romana dei Carrara e nella loro residenza estiva di Siderno, malgrado la continua vicinanza di Maria come modella - allieva. Tanto contenuto, misurato, fu il pittore nel manifestarle nei colloqui il suo desiderio, quanto esplicita e struggente fu la sua dichiarazione d'amore nei versi: “Eravam fatti per viaggiare insieme. / Ma tu venisti tardi; io troppo presto. / Tu sali ora nel treno ed io ne scendo; / ed è un viaggio che non si rifà. / Pochi minuti di fermata. Il tempo / di guardarsi per gli occhi dentro l'anima / e dirsi: Buon viaggio, Buon riposo!…”. Il libretto, pubblicato l'anno prima della sua improvvisa morte, è più prossimo al romanticismo che al decadentismo dei suoi tempi, più riconducibile al Cyrano de Bèrgerac di Rostand che al D'Annunzio del Fuoco, e nei versi di Scoppetta che abbiamo appena citati sentiamo l'eco di quelli della morte di Cyrano : “Io me ne vo… Scusate: non può essa aspettarmi. Il raggio della luna, ecco, viene a chiamarmi”. Tra gli eccessi di D'Annunzio (anch'esso classe 1863 ), che in quegli stessi anni incarnava il mito del seduttore incallito, e il ritegno del “Pictor Petrus” sentiamo più rispetto per quest'ultimo, e, ovviamente, ci riferiamo al solo valore delle azioni e non a quello letterario. Gli anni del suo ritorno a Napoli dopo i prolungati soggiorni parigini segnano un'autentica crisi esistenziale. Ce li descrive bene Alfredo Schettini, attingendo alle testimonianze di coloro che gli furono vicini, fisicamente e per affinità elettive, come Ferdinando Russo. Scrive Schettini: “ .. aveva paura della solitudine della sua camera da scapolo, della solitudine triste del suo letto: aveva cioè terrore del sonno che, negli ultimi tempi della sua vita, si trasformava in soffocanti incubi; non tanto per la guerra che lo tormentava come una malattia, ma semplicemente perché egli non poteva più starsene solo coi suoi pensieri: quella solitudine, nel suo letto, lo spaventava..”, allora si comprende quanto fosse importante per l'artista in quei momenti la presenza viva dell’essere dell’affezione sua, la bellissima Maria, allieva, modella e mecenate. Così in uno sfogo di gelosia scrive: “Il tuo sorriso rivolto a me fu la mia vita; rivolto ad altri è la mia morte”. La privata storia e i molti volti di Maria dipinti da Pietro Scoppetta sono esposti, con parole che travalicano la pura critica d'arte e quasi sfiorano un umano senso di benevolenza e di comprensione, da Massimo Bignardi nel volume “I Pittori di Maiori - Artisti della Costa d'Amalfi tra XIX e XX secolo” (pag. 86-87 ), edito dal Centro di Cultura e Storia Amalfitana nel 2005. Con identico sentire crediamo che le 66 poesie di “Ritmi del cuore” vanno lette, come abbiamo fatto, con uno speciale riguardo alla ricerca di risposte sul senso e lo scopo della vita, che Scoppetta andava disperatamente cercando negli ultimi anni prima della sua morte, a Napoli, nella notte tra il 9 e il 10 febbraio 1920. Poco tempo dopo Maria Valdambrini si separa dal marito Pietro Carrara, ma Pictor Petrus era ormai altrove.

. ©RIPRODUZIONE RISERVATA