I crimini dell’anima è un racconto corale targato Salerno

Sei scrittrici partecipanti hanno prodotto un giallo Vera Arabino e Brunella Caputo tra le protagoniste

di DAVIDE SPERANZA

Un lavoro lungo un anno e mezzo e nato da un corso di scrittura creativa sul genere noir, tenuto da Maurizio De Giovanni. Sono i presupposti del libro “Crimini dell’anima”, dove sei scrittrici si cimentano in un unico racconto corale. La prima presentazione si è tenuta alla libreria Feltrinelli di Napoli, ieri pomeriggio, con Maurizio de Giovanni, Piera Carlomagno e l’editore Aldo Putignano, insieme alle autrici napoletane Mariagiovanna Capone, Gabriella Ferrari Bravo, Francesca C. Laccetti, Rosaria Vaccaro e alle due salernitane Vera Arabino e Brunella Caputo. Il libro, a cura della stessa Mariagiovanna Capone, nasce da sei racconti scritti all’indomani del corso di scrittura noir, “Nero dell’anima”, seguito dal novembre 2014 al febbraio 2015 dalle sei donne. Un esperimento editoriale, che ha partorito un romanzo collettivo in cui ogni autrice ha passato il testimone all’altra, quasi creando un effetto domino di pulsioni, paure, rabbia dei protagonisti. Rispettando lo stile e l’individualità di ciascuna, ogni singolo racconto ha seguito un filo conduttore comune. Sono nate così sei storie di personaggi tormentati, anime nere in conflitto prima di tutto con se stessi e alla ricerca di un’assoluzione. Come la rassicurante segretaria descritta da Brunella Caputo che implode all’improvviso lasciandosi una scia di sangue alle spalle, la manipolatrice Nina di Vera Arabino alla continua ricerca di un riscatto sociale, l’ambiziosa Concetta di Rosaria Vaccaro ormai ossessionata dalla sua assordante normalità, Attilio e la sua incapacità di amare raccontata da Francesca C. Laccetti, le tre donne di Gabriella Ferrari Bravo unite da segreti e sensi di colpa lunghi una vita, fino ad arrivare all’anonimo uomo delle pulizie di Mariagiovanna Capone e il suo mondo di invisibilità costellato di dolore. «Il progetto è nato per caso – racconta Vera Arabino – Ci siamo ritrovate tutte ad un corso di scrittura noir circa due anni fa, organizzato dalla scuola Holden. Io sono una grande lettrice e per De Giovanni ho avuto sempre una grande ammirazione. Sono una fan del commissario Ricciardi». La Arabino è una giornalista ed esperta di comunicazione, ma da tempo desiderava far esplodere il suo lato narrativo. «Un conto è raccontare per mestiere come giornalista e comunicatrice, un altro è raccontare delle storie. Il giornalismo è ancorato al resoconto dei fatti, all’etica, all’imparzialità, all’informazione completa, oppure negli uffici stampa è necessario fare una comunicazione di servizio legata al dialogo con il cittadino. Con la narrativa si entra nella parte intima dei personaggi». E sul libro pubblicato insieme alle altre scrittrici, la Arabino è certa. «Le donne sono gialliste nate, perché hanno la capacità di guardare dentro le persone, ai loro rapporti, non si fermano all’apparenza». Il volume racconta la parte oscura di assassini o presunti tali, le pulsioni che si nascondono dietro l’apparente normalità, la proverbiale banalità del male che si nasconde dietro una faccia candida. Le sei autrici hanno immaginato, come intreccio comune, che i loro protagonisti partecipassero proprio ad un corso di scrittura. «Come ci ha insegnato Maurizio – dice Arabino – il delitto è il lato oscuro del desiderio». A farle eco, l’altra autrice salernitana, Brunella Caputo, regista, attrice e autrice di testi teatrali, oltre che una delle anime dell’associazione Porto delle Nebbie curatrice della rassegna "le Notti di Barliario". «È stato un lavoro intenso. Abbiamo iniziato a leggerci a vicenda, lavorando via email e dandoci come linea guida i sette vizi capitali. Il fatto che, in questo progetto, siamo tutte donne è un caso. Ma devo dire che lo sguardo femminile può essere più attento a percepire la realtà circostante. La donna è sicuramente nel mondo, nella vita, per l’infinità di ruoli che le vengono assegnati. Forse una scrittrice riesce a scavare meglio». Un approccio diverso, quello della Caputo, rispetto alla scrittura teatrale. «La drammaturgia richiede una struttura completamente diversa, dialogica. Avvicinarsi alla narrativa mi fa essere attrice di quello che scrivo. Quando mi leggo, mi sento. Ho una scrittura asciutta e diretta con pochi aggettivi, proprio perché di derivazione teatrale. Chi nasce con la scrittura teatrale e poi si cimenta nella narrativa, si percepisce». Brunella Caputo e Vera Arabino entrano così a far parte della famosa scuola salernitana di narrativa. «Più che scuola – precisa Brunella Caputo – definisco Salerno un’ottima piazza produttrice di scrittori. Salerno è ormai una realtà, non ha nulla da invidiare ad altre città e l’esempio più grosso è quello di Piera Carlomagno, scrittrice affermata. Salerno poi chiama a sé alcune suggestioni, ha una grande anima noir. Basta passeggiare nel centro storico, sulla spiaggia di Santa Teresa, di notte. Non è un caso che molti scrittori salernitani ambientino qui le loro storie».

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