Giorello: «Con i miei fantasmi vi racconto l’intrigo umano»

Il filosofo spiega il suo nuovo libro, tra influenze nordiche e fascino mediterraneo L’allarme terrorismo e i nuovi dispotismi nel dibattito che si è tenuto a Positano

PAOLO ROMANO. Giulio Giorello, ospite l’altra sera della rassegna letteraria “Mare sole e cultura” di Positano, è tra i maggiori filosofi italiani e ha approfondito a lungo i rapporti tra Filosofia e Scienza. Ha insegnato nelle università di Pavia, Catania, Como e al Politecnico di Milano. È stato Presidente della Società di Logica e Filosofia delle Scienze (Silfs). Si è occupato di storia e filosofia della matematica e della fisica. Ha sviluppato, in particolare, aspetti tecnici e filosofici della prospettiva neoutilitarista ripresa, nella seconda metà del Novecento, dal premio Nobel J.C. Harsanyi. Insieme con i giornalisti Vittorio Feltri e Aldo Grasso e con il filosofo Bernard Henri Lévy, a Palazzo Murat ha guidato la riflessione sulla libertà di espressione, e su ciò che ha rappresentato l’attentato terroristico alla sede della rivista satirica parigina “Charlie Hebdo”.

Alla luce anche dei recenti attentati, è possibile una terza via tra la chiusura al mondo islamico e la ferita all’Occidente procurata dei suoi integralismi più violenti?

Penso si debba lavorare su una onesta comprensione, senza collera e senza violenza incontrollata. Non è tanto una questione di abbattere questa o quella bandiera, ma di cercare le misure efficaci per contrastare il fanatismo e la violenza.

Vale a dire?

Serve una polizia efficace che sappia preventivamente evitare la diffusione delle armi, scovando i fanatici e difendendo i cittadini e la democrazia. Contro il terrorismo integralista islamico non serve il conformismo del politicamente corretto.

Ha scelto di presentare in costiera, in anteprima, il suo ultimo libro “Il fantasma e il desiderio” (Mondadori) che uscirà a settembre. Un volume singolare rispetto ai suoi precedenti. Da dove è nato lo spunto?

Dalle opere di Montague Rhodes James, lo scrittore storico e medievista britannico, celebre per i suoi racconti vittoriani di fantasmi

Ma i fantasmi che lei immagina sono piuttosto diversi… Sì, sono una fusione tra i fantasmi di stile nordico con quelli che potrei definire mediterranei. I miei sono fantasmi per metà anglosassoni e per metà latini.

L’impronta meridionale da dove attinge?

In passato mi hanno affascinato libri come: “Storie e leggende napoletane” di Benedetto Croce, ma anche “Questi fantasmi” del grande Eduardo De Filippo e “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile

Perché gli spettri?

Non credo nei fantasmi. Ma mi sono serviti come pretesti per raccontare l’intrigo delle passioni umane. L’io come costruzione razionale non è credibile. Con ironia e distacco ho provato a raccontare l’uomo e i suoi interessi senza sovrastrutture.

L’uomo nella sua nudità? Quello che tenacemente rimane è il groviglio delle passioni, l’intreccio di paure e speranze, il senso dell’umana fragilità e l’aspirazione all’infinito. Forse hanno natura spettrale anche i nostri ideali più profondi, quelli che dovrebbero modellare una società aperta e democratica. Tra nuovi e vecchi totalitarismi, rinate forme di dispotismo, invadenza burocratica e tecnologica, rischiamo di scoprire che sono fantasmi anche giustizia e libertà. La rassegna Mare, Sole e Cultura di quest’anno ci spinge a riscoprire la natura di questi desideri che innervano la vita civile.

I suoi scrittori preferiti del Sud?

Io sono per metà siciliano, nelle mie vene scorre un po’ di sangue isolano. Sono affascinato da Pirandello, ma anche da Sciascia

Quali opere di Sciascia in particolare?

Per esempio La scomparsa di Majorana, penso sia da intendersi non tanto come un romanzo di indagine poliziesca, quanto una delle più belle sfide lanciate alla scienza contemporanea. E che dire del Consiglio d’Egitto? È un testo di forte impronta illuminista.

Che rapporto ha con Positano?

Sarebbe forse banale se le dicessi, come è, che adoro le sue case e le chiesette che si arrampicano sul mare e salgono sulla roccia. Non è forse altrettanto scontato ricordare che si è ispirato a questa perla della costiera il grande Escher, per dipingere i suoi meravigliosi labirinti. Positano è davvero un luogo dell’anima

E Salerno?

Mi piacciono il suo centro medievale, il suo castello. La trovo una città non solo attraente e vivibile, ma anche molto filosofica. Ho avuto modo di dialogare con alcuni suoi giovani e li trovo pieni di interessi. Mi piacerebbe organizzare a Salerno un grande congresso internazionale di Filosofia.

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