L'INTERVISTA

Galzerano: «Diventai editore grazie all’anarchico Giuseppe Popolizio»

Figlio di contadino, ha salvato la cultura cilentana

Una casa editrice piccola e indipendente concentrata in tre stanze al primo piano di un villino di Casalvelino Scalo. Entrando capisci subito che l’attività creativa e produttiva è frenetica, irrefrenabile. Lo confermano i 400 libri pubblicati in 43 anni. Ovvero ristampe rare, lunghi racconti di attentatori anarchici, saggi politici, brucianti pamphlet, trattati e opuscoli che recuperano non solo la storia, ma anche le storie cadute nell’oblio. E tutto è partito dalla mente, dal coraggio e dall’entusiasmo di un solo uomo al comando, Giuseppe Galzerano , che si muove, pensa, ricerca e progetta tra montagne di libri, documenti ingialliti e appunti raccattati ovunque. Una stretta di mano tra vecchi amici e via all’intervista. Il maestro che conoscemmo tanti anni fa ora ha due lauree e spruzzi di grigio tra i capelli. Più di quattro decenni di attività in un territorio che dal punto di vista economico erutta marginalità e depressione. Forse il segreto è che lei, oltre che editore, è anche ricercatore, scrittore, correttore di bozze, pianificatore, manager, uomo- marketing, ufficio stampa, fattorino e venditore porta a porta dei suoi libri. «Devo essere per forza versatile. Ho lottato, lotto e mi districo tra mille problemi e mille ostacoli, non ultimi quelli che incontro proprio qui intorno a me. Tutto sembra dire fermati e tutto mi induce a proseguire. Ma conto anche su tantissimi amici ed estimatori».

Del resto la sua tenacia si avvale di straordinari incentivi emotivi che vengono da lontano e si chiamano Parmenide, Zenone e, non sembri fuori luogo, Ancel Keys, il quale nei paraggi dette al mondo la Dieta Mediterranea. Detto questo, è ugualmente difficile immaginare come sia possibile che alle fiere di Londra, Parigi, Francoforte e Mosca si potessero trovare esposti libri provenienti dall’oscuro e vessato Cilento. Come lei dice, questa terra possiede una feracità culturale trascinante. Può essere stata la leva, che mi ha avviato. Ma all’inizio del mio destino di editore ci furono un paio di uomini della provvidenza.

Nomi e cognomi… Giuseppe Popolizio e Riccardo Napoleone. Il primo era un anarchico lucano titolare a New York di una libreria sociale e politica che si ostinava a vendere libri italiani ai connazionali di Little Italy, i quali poveretti avevano più bisogno di pane che di libri. Ma lui confidava nella forza di attrazione della cultura e tenne duro. Io entrai in contatto con lui attraverso gli annunzi sui giornali di sinistra, che leggevo. Stringemmo subito un rapporto di amicizia e di stima.

Avvenne che diventò l’agente italiano di Popolizio? Non proprio questo e non subito. Dapprincipio io acquistavo i suoi libri con i soldi guadagnati portando in bicicletta l’acqua alle tabacchine assetate e innaffiando le coltivazioni di fragole. Ma un giorno, dopo circa un anno, senza che io glielo avessi chiesto, Popolizio mi inviò grossi pacchi di libri dalle sue rimanenze. Riavutomi dalla sorpresa, corsi alla tipografia Reggiani, in via Botteghelle, a Salerno, e feci stampare due cataloghi, che pubblicizzai grazie agli annunci gratuiti sui soliti giornali di sinistra. Le vendite per corrispondenza andarono a gonfie vele e inviai i primi ricavati a Popolizio. Ma questi respinse il vaglia, consigliandomi di investire i soldi nell’attività che mostravo di saper fare. E così feci.